Un nome che circola da qualche anno nel sottobosco avantgarde londinese, un ideale anello di congiunzione tra la reiterazione circolare di Terry Riley e le esplorazioni techno-abissali di Joy Orbison.Un set, , che ai soundscape trascendentali prodotti dai campionamenti e dagli intervalli tra suono e silenzio, unisce una gestualità fluida e – appunto – ipnotica.Non un uragano come Colin Stetson, più una sovrapposizione fluttuante di strati sonori che stravolgono la percezione del tempo, e che nell’ultimo “Assimilation” incrociano le voci, le percussioni e i synth di Valentina Magaletti, Rupert Clervaux, Micachu e Merlin Nova.