Pinkshinyultrablast? Everything Else Matters, l’esordio pubblicato appena un anno fa, non è solo il migliore album shoegaze e dintorni (insieme a Last Forever dei Westkust) degli ultimi due anni, ma è probabilmente anche quello che ha portato un numero maggiore di nuove idee all’interno di uno stile che si inchina a regole piuttosto ferree. Tutto questo spostando, in compagnia dei finlandesi Kairon; IRSE!, le coordinate di riferimento del genere dalle città inglesi ai freddi panorami dell’estremo nord-est europeo.
Dopo un fortunato tour fuori dai confini russi (Italia esclusa, purtroppo) il gruppo guidato da Lyubov Soloveva torna sulle scene con Grandfeathered, un secondo capitolo che immortala i cinque di San Pietroburgo intenti a proseguire il discorso iniziato con Everything Else Matterspartendo dalla medesima impalcatura, apportando però piccole modifiche in grado di rendere l’intera proposta ancora più unica e personale e allo stesso tempo ancora più soavemente imponente. Ritroviamo i lampi math/prog-pop alternati a granitici riff rock (in alcuni frangenti si lambiscono territori metal) tanto violenti quanto sonici (Glow Vasty) e le strutture complesse e articolate inzuppate di ripartenze e di repentini cambi di intensità. Ritroviamo anche il timbro celestiale della Soloveva (una sorta di Rachel dei Flowers in versione super-pitchata) capace di portare l’ascoltatore a svariati chilometri dal terreno, accompagnandolo in uno slalom – tra cosmici caleidoscopi glitterati, sventagliate e sferzate noise – che punta direttamente al firmamento passando per tutti gli strati dell’atmosfera. Mancano forse le favolose linee di basso del primo disco, ma l’inventiva di Igor Simkin è ancora intatta (si ascolti Comet Marbles, ad esempio) ed è merito anche suo se il suono riesce ad essere densissimo nei momenti in cui i muri di feedback spazzano via ogni cosa e, pochi istanti dopo, assolutamente sghembo-minimale.