90 DAY MEN [IT[IS]IT] CRITICAL BAND SOUTHERN/WIDE Partendo dalla new-wave inglese di band come Bauhaus e Birthday Party, coniugata al verbo no-wave di stampo newyorkese, i 4 90 Day Men iniziano nel '95 a produrre i propri i suoni. Partono da St.Louis, per arrivare alla Mecca del suono disturbato, quella Chicago che ha dato i natali ai vari Slint, Tortoise e June of '44. Riscuotono quasi da subito un discreto interesse da critica e pubblico, suonando di supporto a band come Blonde Redhead, The Make Up, Fugazi, June of '44 e pubblicando singoli ed ep. Registrano, infine per la Southern, nel marzo del 2000, il loro disco di debutto "[It [is] it] critical band", un articolato concentrato delle influenze sopracitate, filtrate in un suono affascinante, nervoso e ipnoticamente iterativo. Più coinvolgenti ed essenziali dei June of '44, che ormai sembrano essersi arenati non si sa bene dove, i 90 Day Men innervano il loro sound di una verve decadente e, in un certo senso, rock'n'roll, ma più un'attitudine che un suono preciso: quasi una versione teen delle elucubrazioni dei '44. Le otto tracce del disco si muovono sinuose e decadenti, allungando e dilatando spazi temporali e mentali, in turbini ritmici controllati, ma sempre tesi e spigolosi: tracce da 5 o 3 minuti ("Dialed In", "From One Primadonna to Another"), affiancate a lunghe litanie ipnotiche di 10 minuti e passa ("Super Illuminary", "Sort of is a Country in Love'), per 46 minuti d'intensità urbana. Suite che affogano l'ascolto in una psichedelia essenziale, senza manierismi, fatta di spostamenti minimali di suoni, mai fastidiosi o rumorosi: "Una serie di frequenze proporzionate che si estendono attraverso lo spettro dell'udibile in un'unica banda, in cui due note risultano suonare come se fossero fuse in unico ruvido suono" (Joseph L. Monzo). Un quartetto inquietante e affascinante, creatore di atmosfere anomale e inconsuete, mai eccessive, sempre controllate a malapena, recintate da emotività debordanti. Barnaba Ponchielli (*) barnaba.ponchielli@hotmail.com