Così Alexander Shields, cuore e anima del progetto A Grave With No Name, ama definire la sua musica. Shields ha fatto molta strada da “Mountain Debris” che l’ha fatto conoscere nell’ormai lontano 2009. Tre album (tra cui l’ottimo “Feathers Wet, Under the Moon”) dopo quell’esordio esordio lo-fi per necessità e vocazione, i punti di forza di questo raffinato troubadour inglese con una passione per i field recordings, il folk e il country restano gli stessi: l’intensità, la gentilezza, l’onestà mostrata nel parlare di sentimenti senza sdolcinato romanticismo, l’abilità nel raccontare piccole storie private rendendole universali. Echi di Sparklehorse, Sufjan Stevens, Mount Eerie e Okkervil River si rincorrono in “Passover”, registrato qualche mese fa agli Holy Mountain Studios di Londra con Daniel Paton alla batteria e Ben Reed al basso ma nato ancora prima, mentre Shieldsera a casa dei genitori dopo la morte della nonna.
E proprio di famiglia, rimpianto, lutto e rinascita parla questo nuovo album, che segna l’inizio di una nuova fase di A Grave With No Name dopo un 2016 segnato dal brillante minimalismo di “Wooden Mask”, dalla parentesi ambient di “Pocketknife” e un’enciclopedica raccolta di demo e outtakes chiamata semplicemente “Debris” pubblicata l’anno scorso. Le tredici canzoni di “Passover” esplorano territori più melodici ma sempre carichi di emozioni. Il rapporto con la natura resta centrale nei testi di Alexander Shields, che questa volta sceglie di affidarsi ancor più che in passato a violini, violoncelli, sintetizzatori e pedal steel che accompagnano quasi ogni brano senza essere invasivi. A cambiare è soprattutto la struttura dell’album: l’alternanza tra field recordings e musica pura è più sfumata e a dividere in piccoli gruppi i brani sono due tracce strumentali (“Path” e “Canary”) e i quarantasei secondi di “interlude”. Come se Shields stesse cercando di mettere ordine, di provare a catalogare sentimenti, ricordi.
Tecnica e dettagli a parte resta l’atmosfera che A Grave With No Name riesce a evocare, la strana sensazione di calma e pericolo imminente sempre in agguato anche nelle cose più familiari e quotidiane. Once Work Is Done For The Day / And Our Cups Are Filled With Wine / I Feel Sleep Gather At The Corners Of My Eyes canta Alexander Shields accompagnato dai dolci accordi di chitarra di “Supper” ricordando un lungo, freddo inverno passato insieme alla sorella aspettando la primavera. Sono momenti come questo che rendono “Passover” un disco perfetto per affrontare questo di inverno, iniziato da poco. Un nuovo capitolo per A Grave With No Name, che conferma quanto la musica di Shields possa essere necessaria a volte.