E sin dai, realistici, primi passi di questo vinile in splendida edizione colorata e ricercata nei minimi dettagli – passi che dall’opener April 21 rievocano, sottotraccia, come fossero una pulsione ancestrale e costante che accompagna l’ascoltatore lungo questo percorso ucronico-musicale, il calpestio del ciottolato di quel giardino da parte della autrice – si ha l’impressione di essere trasportati in un mondo “altro”. Che è quello che “vede” la visionaria chitarrista ma anche quello altro rispetto al Jarman conosciuto: vuoti e assenze, ma anche persistenze e presenze, naturali quanto umane, che si affacciano fugaci nella costruzione di un realistico garden of delights in cui tutto è coerente nella sua trasformazione, i Pet Shop Boys (in Father Forgive Me) come Vivaldi (lo Stabat Mater nella citata April 21). E in questo lavoro liminale, tra sogno e veglia, percezione e illusione e che come tale richiede concentrazione assoluta da parte di chi ascolta tanto quanto di ri-creazione da parte dell’artista, non si può che abbandonarsi e lasciarsi trascinare dalle note sparse, al crinale tra impostazione classica e gusto per l’intuizione improvvisa(ta) (Poppies In The Morning, ad esempio, con bellissimo video animato opera di Elena Russo Arman), sospese e risonanti in un percorso che è pura dis- e ri-aggregazione sonora e di immaginari in grado di materializzare la presenza dell’omaggiato, la cui voce riecheggia, fantasmatica e altra, nella conclusiva title-track.