Ancora una volta, ascoltare la musica degli Amenra corrisponde a un’esperienza rituale, a un passaggio obbligato per raggiungere la purificazione del corpo e dell’anima: in apparenza, l’ennesimo mattone post-metal faticosamente difficile da mandare giù, in realtà un disco non estremamente lungo (quarantasette minuti) ma soprattutto costruito con astuzia e intelligenza, poiché capace di alternare dei passaggi più atmosferici e rilassati alla furia annichilente di un sound sempre riconoscibile al primo ascolto (le note ossessive del singolo “De Evenmens” strappano la carne a brandelli).Inoltre, al di là dei necessari ed evocativi cambi di registro, le vocals al vetriolo di Colin H. Van Eeckhout non arretrano di un centimetro, perché è lui a spingere giù in fondo questi aculei che ci fanno sanguinare: l’incipit di “Ogentroost” è puro pathos, prima che si sprigioni una violenza dai contorni sadici e primitivi, un lento cerimoniale in cui le più malsane sonorità sludge sembrano spalancarci le porte della follia. Un invito al martirio.