“Le Derive della RAI”, questo il titolo del disco, raccoglie undici brani scritti dall'artista piemontese nell'arco di oltre un decennio ed è prodotto da Carlo Barbagallo (Suzanne'Silver, Albanopower, La Moncada, CoMET).
Quest'ultimo, insieme ad Andrea, ha rivestito le tracce di arrangiamenti dalle influenze molteplici (folk, rock, pop, cantautorato italiano, psichedelia), alternando brani rotondi e chiusi, code strumentali e dilatazioni che generano galassie oppure tendono agguati a base di arrangiamenti audaci e imprevedibili. Ciò avviene mentre è la voce, una voce che ha al contempo un qualcosa di primigenio, metropolitano e ieratico, a tenere insieme questo lavoro atipico e sorprendente.
“Il disco – spiega Andrea Fardella – rappresenta il mio universo emotivo ma anche uno specchio attraverso il quale ho osservato la mia vita, le mie relazioni, le mie sconfitte, le vittorie, le crepe e le fratture che hanno contraddistinto la mia 'evoluzione' come uomo e come artista. Lo definirei il mio cosmo sensibile: dentro c’è gran parte della mia vita, di quello che ho vissuto in prima persona o che hanno vissuto le persone a me più care. E’ inoltre presente uno sguardo rivolto al mio 'microcosmo' sociale, a quello che mi accade intorno, ai sentimenti che mi capita di osservare, di vivere in prima persona e come spettatore”.
Non è un caso che, nel definire il suo primo disco da cantautore, Andrea Fardella utilizzi per due volte la parola “cosmo”. La prima sensazione dinanzi a un lavoro come “Le Derive della RAI” è infatti quella di entrare in un'opera dove c'è tutto: l'amore, la morte, il dolore, il perdersi, il trovarsi, la bellezza, la decadenza etica, l'istinto, la furia, l'accoglienza, la salvezza, la denuncia, il sacro.
Questo tutto è un tutto che riguarda la deriva dell'umano in ogni possibilità immaginabile (individuale, sociale, culturale). E' la verità di esserci, nascere, soffrire, gioire, morire contrapposta ad una realtà sempre più mediatica e spersonalizzante.
Per Andrea Fardella “Le Derive della RAI” è un disco definitivo. Le prime parole della destabilizzante title-track (al singolare) riecheggiano l'incipit di una celebre opera epica (“Contami le ossa in un giorno in cui non piove / bagnandomi da solo davanti a qualche porno”) e l'intero disco ha il passo epico di una grande narrazione personale che diventa universale.
Le canzoni di Andrea Fardella sono sfoghi, lamentazioni, odi d'amore, invettive, preghiere. E vibrano di quel tremito che appartiene alle cose fondamentali del nostro stare al mondo. Affrontato con la necessità di chi scrive e canta perché non può fare altro che lasciarsi investire da tutto il bene e tutto il male, da tutto il tragico e tutto il salvifico. Senza mai sapere cosa fare, se non cantare e vivere.
“Naturale idea di cambiamento rivoluzione / ma se non siete voi il bersaglio, forse sono io / e cedere, esigere, fingere, scegliere / io non so più che cosa fare, io non so mai / che cosa fare.”