Con il loro debutto in una radio di Pittsburgh nel 1993, gli Anti-Flag si riunirono per condividere il loro disgusto per la religione e il nazionalismo: erano essenzialmente tre ragazzetti che si divertivano a passeggiare per la città indossando bandiere sottosopra come toppe nelle giacche, con grande disappunto e rabbia degli skinhead locali. Già quattro anni dopo avevano fatto un tour negli USA e si erano costruiti una reputazione riprendendo i vecchi valori della musica punk: veloce, rumorosa, e contro tutto ciò che finisce per –ismo.
La loro musica spazia dal punk hardcore al punk rock della California e dei Green Day fino allo Ska: quasi come fosse un ribollente minestrone di ribellione gli Anti-Flag riescono ad isolare con essa i loro pensieri politici, conferendo a questi ultimi sfumature diverse, ma sempre più che pregevoli, che classificano la loro attività artistica come sincero e rabbioso antidoto contro razzismo e autoritarismo.
Nei suoi quasi 25 anni di attività, e sempre parlando di politica, non poteva mancare la voce di Justin Sane e degli altri membri della punk-rock band più famosa della Pennsylvania a “commento” dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca; una reazione affidata al nuovo disco, dall’esplicativo titolo “American Fall”.
A tal proposito, ecco le parole della band sull’imminente tour europeo:
«Abbiamo bisogno di questi show. Abbiamo bisogno di questo tour. La nostra forza individuale, speranza e ottimismo derivano direttamente dalle interazioni e dal rapporto che riusciamo a instaurare con il pubblico. La dimensione live per noi rappresenta lo spazio dove l’energia individuale si trasforma in collettiva, e dove nasce il potere.»