I Baby Jesus sono un quartetto svedese che per il terzo disco ha deciso di incidere per la pisana Area Pirata. Il loro sound si caratterizza per essere un bel mix di garage, rock, psichedelia e punk. In tredici brani “Words of hate” si dipana lungo le coordinate del del miglior garage sia tradizionale che più recente. Il disco parte con il classic garage degli anni ‘60 di “No reason at all”, in cui sembra di ascoltare i Them sotto acido, per poi giungere alle circolarità di “Do worry”, brano in linea con il garage sfacciato dei Black Lips. Il country-punk sincopato di “Country” non è molto lontano dai migliori Chrome Cranks, anche se gli svedesi sono meno rancorosi e isterici. Il surf di “Girlbangs” è particolarmente inquietante, degno di un noir diretto da Quentin Tarantino, ma la successiva “Bjorns” culla l’ascoltatore in un rassicurante soul-pop-r’n’b. Per scuotere le chiappe assestano un bel montante con la frizzante “No money” e con “Backed for money” intrigano perché ci regalano un soul primitivo, che neanche i Beasts of Bourbon hanno avuto il coraggio di cantare.