Billy Mahonie "The Big Dig" (Too Pure) Pare che in inghilterra si siano accorti, con quasi un decennio di ritardo che in America già da qualche anno esisteva un suono, comunemente noto come post rock, che stava ridefinendo le coordinate del rock chitarristico, e non, ad un passo dal nuovo millennio. Questo la dice lunga sull'autarchica spocchia degli inglesi, anche se considerate le cagate prog rock, o peggio jazz rock, che già da un pò di anni ci arrivano da quella scena si arriva quasi a condividere l'atteggiamento degli albionici. Poi dici che i giovani si buttano su ciarlatani boriosi come Billy Corgan o Marilyn Manson ! Farei anche io così se fossi molto più stupido e giovane e l'alternativa fosse rappresentata dalle lezioni di matematica di Jim O' Rourke o Joe Mc Entire. Come fa un povero ragazzino che ha voglia di emozioni forti ad appassionarsi all'opera di quarantenni che glorificano un'esistenza pallosa, producono musica pallosa e si vestono in maniera pallosa? Stavano meglio i nostri nonni che almeno avevano i loro Claudio Villa e Frank Sinatra, gente che quando cantava ci metteva sangue sudore e lacrime e conduceva un' esistenza degna di essere mitizzata..per fortuna però c'è anche chi interpreta le sonorità emerse dalla scena di Chicago e Louisville in primis con la passione e l'energia che servono a fugare freddezze e pretenziosità accademiche, come questi Billy Mahonie quartetto inglese che nell'esordio The Big Dig sfugge alle trappole tese a chi si prova in queste sonorità offrendo un panorama sonoro che spazia dai padrini Slint (alcuni passaggi mi hanno ricordato addirittura gli antesignani Rodan), come nella traccia che apre l'album, ai Tortoise meno leziosi in "Fagiolettes", fino ad una sorta di ultimi Pastels (un gruppo che non viene mai citato ma a mio avviso fondamentale nella definizione di un estetica lo-fi /post rock) nell'ottima Glenda. Sicuramente il miglior disco di rock strumentale giunto dal regno unito da molto tempo a questa parte, molto meglio che i sopravvalutatissimi Mogwai, un gruppo in tale evidente crisi creativa che non ha trovato niente di meglio per far parlare di se che far stampare delle magliette con la scritta: "i Blur sono merda".Ma per favore! A parte il fatto che in punto di morte io, che non sono certo un fan dei Blur, qualche canzone del quartetto di Damon Albarn me la ricorderò, mentre non sono sicuro di poter dire lo stesso delle monotone cavalcate degli scozzesi, ma criticare i Blur in Inghilterra è come sparare su Toto Cutugno da noi: troppo facile! Inventatevi qualcosa di meglio ragazzi, come scrivere una canzone degna di questo nome magari, sempre che ci riusciate…ma i Billy Mahonie si limitano a suonare il loro placido rock strumentale con competenza e precisione non disdegnando sfuriate noise come la conclusiva "Yeah, Yeah, Yeah, Yeah, Yeah" classica esplosione finale. In definitiva un album che riesce a non annoiare mai pur proponendo paesaggi sonori molto simili tra di loro e scarni, come si conviene alla sobrietà del genere.