Scrivere e pubblicare 12 EP in un anno non è impresa da tutti, anzi; ad essere onesti, è pura follia. Andatelo a dire a Justin Rice e Christian Rudder, che per ogni mese del 2006 hanno sfornato puntuali un dischetto nuovo di zecca, in un tour de force senza precedenti nella storia della discografia recente (alla faccia di Sufjan e dei 52 Stati, aggiungiamo). Se questo vi sembra strano, vi basti sapere che sono gli stessi due ragazzi che avevano inaspettatamente conquistato le pagine del Rolling Stone con un debutto autoprodotto (Charm School), creando un piccolo caso già nel 2003; i più addentro, poi, li conosceranno già come attori protagonisti dei film del cineasta indipendente Andrew Bujalski, autore di Funny Ha-Ha e Mutual Appreciation, bozzetti iper-realisti sulla vita post-college. Insomma, finora è stato fin troppo facile guardare al duo di Brooklyn come all’ennesima - meravigliosa - anomalia indie o, in egual misura, come al nome più cool messo in bocca agli underground chic aldilà dell’Atlantico, da Pitchfork in su. Adesso che questo Bishop Allen & The Broken String li getta finalmente nella mischia (è il primo album realizzato in uno studio professionale e rilasciato da una vera etichetta – la neonata Dead Oceans, sorella di Secretly Canadian e Jagjaguwar), Justin e Chris non si fanno certo cogliere impreparati. Chiaro, con un serbatoio di canzoni capiente e generoso come gli EP (circa 45 tracce complete, mica briciole) a disposizione, hanno avuto soltanto l’imbarazzo della scelta: Click Click Click Click, Chinatown Bus e Shrinking Violet erano già un bel balzo in avanti rispetto agli esordi, con Rice colto da un intimismo febbrile a metà fra lo Stuart Murdoch collegiale e il Conor Oberst più dimesso. Se poi alla qualità alta di quelle canzoni si aggiunge un accurato lavoro di rielaborazione e produzione (con i membri aggiunti Darbie Nowatka e Cully Symington a dare man forte), non solo si sventa l’effetto riciclaggio, ma succede che un gioiellino come Corazon prende letteralmente il volo, The Monitor si spiega come un caleidoscopio multidimensionale d’emozioni, Flight 180 assume i contorni di una piccola epopea sentimentale. Di fronte alle arguzie folk di Choose Again, poi, si può anche soprassedere su una sciocchezzuola latina à la Devendra come Like Castanets.; e se non bastasse, Rain e The News From Your Bed riescono a misurare a grandi passi tutta la distanza dei nostri dalle freakerie estemporanee degli – per dire - I’m From Barcelona, rievocandone la sublime leggerezza senza inzuppamenti nel caramello. Detto altrimenti, quell’estetica romantica, innocente e naif che di solito associamo alle parole “indie” e “pop” ha (ri)trovato la sua forma ideale, in vista di una nuova strage di corde rotte e cuori infranti per il prossimo autunno. Occhio, perché i Bishop Allen potrebbero essere la vostra band preferita, anche se ancora non lo sapete. http://bishopallen.com www.myspace.com/bishopallen