Smettendola di proiettare inutilmente su di loro i nostri rimpianti, diciamo che Peter Hayes e Robert Levon Been, insieme a Leah Shapiro, che da dieci anni ormai siede fissa alla batteria, la loro rotta l’hanno sempre mantenuta, più o meno lineare e con pochi sbandamenti o cadute. A tutt’oggi tengono duro sulla cosa che sanno fare meglio: rock and roll venato di effettismo psichedelico e sfumature tendenti al gotico ottantesco (dark per gli amici), come dei Jesus and Mary Chain di fine anni ’80 in trasferta dalle parti di Joshua Tree (prendiamo oggi King of Bones: ha proprio questa traiettoria incisa sotto la sua pelle musicale). E per un po’ di pezzi solo prevedibili, ce ne sono altri che obiettivamente fanno bene il loro dovere. Haunt, con la sua melodia sonnacchiosa, si fa spazio con scaltra destrezza. Altrettanto si può dire di Echo e della sua filastrocca pyschosoul che nel ritorno di quest’anno dei fratelli Reid non avrebbe sfigurato (anzi, avrebbe fatto guadagnare qualche frazione di punto al disco in quanto a jesus&marychainitudine…). È nella ballata sorniona, nel pezzone melodico condito di chitarre acidamente noisy (Ninth Configuration) o infilato in uno strano sogno di tastiere sixties (Circus Bazooko) che i Black Rebel tirano fuori il meglio, più che dai pezzi rock tirati ridotti a un paio di affondi.