Blend Non stupisce scoprire tra le influenze musicali dichiarate da questo gruppo nomi come quelli di Elliott Smith, Palace, Smog, Lambchop, Neil Young, Bonzo Dog Band o Nick Drake. Fin dalle prime battute di "The Rain, The Fun, The Trains and..." si capisce che il mondo poetico/sonoro del duo formato da Alberto Fabris e Andrea Rabuffetti è proprio quello (almeno per una volta) indicato nelle asciutte e sintetiche note stampa. Appunti illuminanti anche sulla storia di Fabris anima inquieta e migrante che già nel 1986 aveva deciso di stabilirsi a Londra e collaborare con musicisti del luogo. Il suo soggiorno londinese, interrotto da un paio d'anni di esperienza newyorkese e dal sodalizio con i Masculine Feminine (poi Blonde Redhead), è segnato dall'attività con i Making Circles e gli Egypt e spiega quell'attitudine a scrivere canzoni in inglese che ritroviamo puntualmente in questo disco. Aiutati dal batterista/pianista Giovanni Rossi Fabris e Rabuffetti si muovono con grazia e disinvoltura nel paesaggio musicale di cui si diceva poc'anzi. E lo fanno senza rinunciare a una certa asprezza, che vuole evitare le mollezze espressive del genere e si esprime soprattutto nella vocalità del primo, peraltro speculare alle acide chitarre elettriche del secondo. Ci sono dunque atmosfere intime ma poco rilassate, in "Waterjag", e anche episodi spiazzanti e vagamente zappiani come "Whales of Sahara". Nulla di devastante o dirompente, sia chiaro, ma non possiamo fare a meno di prendere atto di una volontà sincera di giocare a sorprendere con un progetto diverso da quanto invece imporrebbe il mercato. Merita una segnalazione anche la bella copertina in digipack, disegnata da Franco Matticchio.