Copertina e titolo in stile Young God per la seconda fatica - in realtà pubblicata da un consorzio di minuscole etichette europee e statunitensi, tra cui l’inglese Stereo Test Kit - di Boy Omega, nome d’arte dello svedese Martin Henrik Gustaffson. Uno che le proprie canzoni le concepisce e le registra in casa propria, talvolta con l’aiuto di qualche amico ma più spesso in completa solitudine. Solitudine che in “The Black Tango” è protagonista assoluta, visto come l’intero disco sia incentrato sulla fine di una relazione sentimentale. Ambientazioni tutt’altro che allegre, dunque, nelle quali mettere a nudo i propri demoni interiori, le paure e le ansie, tanto per ribadire il (finto?) luogo comune secondo cui la migliore arte sarebbe figlia della sofferenza. Non ci sono dubbi, in ogni caso, né sull’intensità delle emozioni né sulle doti di Gustaffson che, pur non disdegnando di ricorrere a campionamenti, loop ed elettronica rigorosamente povera, dà il meglio quando il contesto è prevalentemente acustico. Tra l’emo-tività di Bright Eyes e il drammatico - e melodico - intimismo di Elliott Smith, ecco un nome da tenere sott’occhio, specie se proprio cuore batte dalle parti del cantautorato più dolente e introspettivo www.myspace.com/boyomega