BOZ SCAGGS Dig La logica che supera il cuore. Scaggs poteva fare un disco ultrasentimentale per fare contenti i ragazzi di Middle man e di Silk degrees, gli unici a sapere cosa sia la notte di Van Gogh". Gli sarebbe anche convenuto. Sai che feedback emotivo a rimettersi in carreggiata con quelle "vecchie" sonorità e scoprire che sono ancora oggi tremendamente attuali! Però ha prevalso il buon senso e così è scattata la molla dell'eclettismo. Ripescando il blues Scaggs si è saldato ai suoi primi giorni lasciandosi persino andare al rock (non sarà mica John Hiatt quello di You're not?). Ogni tanto mostra i denti con una grinta che cozza platealmente col sole che da anni siamo abituati a ricevere, abbronzandoci senza rischi, dalle sue canzoni. Certamente questa varietà pone Dig fra i dischi "maturi", ma non fra i dischi memorabili. Di memorabile ci sono alcune intemperanze sentimentali, acuite dagli sforzi creativi e strumentali di David Paich e Danny Kortchmar. Gente che difficilmente sbaglia. Però non convince il bisogno di aggiungere battute hip hop, che sembrano cascate sul piatto da una pietanza diversa, o messe lì soltanto ad alzare il numero delle soluzioni. E poi forse non c'era bisogno di agganciarsi al treno di Fame di Bowie con Get on the natch. E neppure di usare il synth per cantare un'outlaw song come King of El Paso. Boz Scaggs non ha bisogno di tutto questo. La sua vecchia Sierra, che aveva un analogo sfondo country (almeno nel testo), era una pop song sofisticata di illuminante vigore. La personalìtà di Scaggs può fare a meno di queste "creatine" che fanno muscoli da occasione ma che non assicurano sostanza. Il vero Scaggs è quello di Miss Riddle, è dove i fiati tracciano linee da brividi solcando il cielo del r'n'b, è dove si sente che niente può inquinare la bellezza dei suo canto.