How to Kill a Horse è il suo decimo album, registrato in un magazzino vuoto a Lafayette (L.A.). Dieci tracce polverose, sospese a mezz’aria alle porte di un qualche Saloon, interpretate dalla voce roca e fumosa di Dege Legg e poco altro a corredo. Si tratti di pezzi al limite dello scarno dove fa da padrone il timbro vigoroso del Dobro mentre basso e percussioni passano in netto secondo piano. Un sentiero tortuoso come il corso del fiume Mississippi, ispiratore di quel Delta blues che pervade senza residui l’interno album. Blues, ma anche una scarica sonora incendiaria e cruda, la stessa che percorre l’urlo infestato di The Black Sea, il midtempo in The Dark Side of me o la confessione addolorata in How to Kill a Horse. Da metà album s’incontra un boogie acido attraverso il quale Dege Legg forgia il tratto distintivo del suo psyouthern, l’unione fra la torbida gamma di percussioni metalliche di O’Dark 30 e l’andamento sghembo di Crazy Motherfucker. Dege Legg è un talento esplosivo e versatile, capace di rendere con piena espressività atmosfere ora spettrali, ora tormentate, ora addolorate. Ogni pezzo è realmente cinematografico e non mi stupirei se altri, oltre Tarantino, ne facessero ricorso in futuro.