Come pronosticato dopo l'uscita di The Ghost That Carried Us Away degli islandesi Seabear, la Morr Music cerca in parte di rinnovarsi. Ma più che cambiar pelle è come se provasse a svestirsi di tutte quelle glitcherie formato camicia del recente passato indietronico restando invece con una leggera t-shirt pop. Niente rivoluzioni, soltanto una sana presa di coscienza che la semplicità quando è autentica è una qualità da non sottovalutare. E fa tutto questo senza perdere una goccia della sua identità, del suo approccio naif che ha sempre contraddistinto ogni sua uscita. Ora, non che questo Sleep At Your Own Speed, esordio discografico di Butcher The Bar, rappresenti un prototipo innovativo assoluto. Ma Joel Nicholson, ventiduenne inglese unico titolare del progetto, armatosi soltanto di chitarra, banjo e armonica e rinchiusosi tra le quattro mura della sua cameretta, è riuscito a comporre tredici canzoni pop-folk, tanto semplici quanto avvolgenti, in bilico perfetto tra spensieratezza e malinconia, che confermano palesemente il cambio di rotta intrapreso dell'etichetta berlinese. Il riferimento più prossimo è il primo Elliot Smith, quello essenzialmente acustico per intenderci; addirittura, in alcuni episodi (House/Home e New Nest) è fortissima la tentazione di un esorcismo tanto sembra effettiva la sua presenza in carne ed ossa. Ma è un approccio più marcatamente ingenuo e spontaneo, lo stesso dei suoi colleghi d'etichetta islandesi, a non far naufragare del tutto Nicholson in quell'oceano di Either/Or-emuli. Ecco, Butcher The Bar si avvicina per attitudine e leggerezza pop ai Seabear. Ma dove questi ultimi colpivano per vivacità strumentale e per eterogeneità di scrittura, il Nostro, nonostante tutti i brani siano percorsi da ottime e immediate linee melodiche, risulta ancora troppo piatto e ripetitivo. Sleep At Your Own Speed è come una fresca e comoda t-shirt. Niente di pretenzioso, ma non sorprendetevi quando vi sentirete perfettamente a proprio agio con essa. www.myspace.com/butcherthebarband