Polistrumentista, compositore, arrangiatore, ingegnoso costruttore dei suoi stessi strumenti e sensibile esploratore di mondi sonori. Non ci sarebbe neanche bisogno di elencare le numerose e importanti collaborazioni (che vanno da Vasco Brondi e Le Luci della Centrale Elettrica, ai Julie’s Haircut, Baustelle, Stefano “Cisco” Bellotti ex Modena City Ramblers, Philip Corner, Damo Suzuki dei Can) per descrivere il talento artistico polimorfo, la profondità compositiva e la ricchezza delle suggestioni che Andrea Faccioli è in grado di concentrare nelle suo progetto solista Cabeki, rilevante quanto i suoi sodalizi più prestigiosi ed ormai giunto alla pubblicazione del terzo album. Sono passati quattro anni dall’uscita di “Una Macchina Celibe” (Tannen Records), durante i quali, oltre alla stesura del nuovo album, ci sono stati tour e concerti sui palchi di tutta Italia. Con “Non ce la farai, sono feroci come bestie selvagge”, uscito ad ottobre 2016 per l’etichetta Brutture Moderne, ci troviamo nuovamente davanti ad un album di pregevole fattura, che parla attraverso la combinazione dei diversi registri stilistici presenti. Composto inizialmente per chitarra acustica, utilizzando differenti tecniche, successivamente viene arricchito da cordofoni ed elettronica. E grazie alla partecipazione di musicisti di varia estrazione, diversamente che nei due dischi precedenti, vengono aggiunti archi, fiati e percussioni, che vanno a conferire ulteriore valore all’opera tutta. In questo disco Cabeki ci porta in un luogo dell’anima, in una dimensione sospesa, irreale e inquieta, collocata ai margini di una società dove vige un’armonia labile, costantemente messa a dura prova da un’aggressività latente e spesso feroce che raramente lascia scampo, come fa intuire il titolo stesso. Un homo homini lupus che si afferma in maniera inesorabile, indipendentemente da quanto secoli di evoluzione abbiano influito sulla presunta emancipazione dell’uomo dal resto del regno animale. In questo scenario, l’unico riparo sicuro per l’artista è la sua stessa arte, frutto anch’essa di istinti primordiali, che si colloca in un mondo surreale (interpretato meravigliosamente dagli illustratori francesi Icinori, autori della copertina di questo disco) ma allo stesso tempo autenticamente vero, perché è proprio lì che si svolge una buona parte della nostra vita interiore e si animano i moti più profondi dell’universo personale di ciascun artista, così come di ciascun fruitore d’arte. E quindi ci addentriamo in questo meta-luogo nel momento del “disgelo”, titolo della traccia d’apertura, con un arpeggio di chitarra dal sentore classico e l’accompagnamento di Daniela Savoldi al violoncello, Maddalena Fasoli alla viola e Stefano Roveda ai violini. Il brano vuole essere un omaggio a Rachel’s e Penguin Cafè Orchestra. In “prima luce” abbiamo invece un pezzo composto da una progressione con elementi più jazzy ed intermezzi folkeggianti, con la partecipazione di Simone Copellini alla tromba e al filicorno. “umanità” ha una storia interessante, perché composta per sonorizzare il film omonimo girato nel 1919 dalla prima regista donna italiana, Elvira Giallanella, una pellicola dal contenuto umoristico-satirico-educativo che mirava a veicolare un messaggio pacifista. Ne “la vetta” veniamo guidati da un profondo riff di basso in un viaggio verso il Nord Europa, tra gli echi post-rock di quelle latitudini ed elementi di elettronica accompagnati dalla combinazione delle note pungenti della chitarra elettrica e di quelle melliflue della zither. “passaggi” si apre con un omaggio a Nick Drake di Cello Song che si evolve in energici fraseggi folk/finger picking, con la partecipazione di Nelide Bandello alla batteria. “disarmo” è un intermezzo molto particolare perché suonato con uno strumento costruito dallo stesso Cabeki chiamato arpa battente. È un brano composto su due livelli: uno ripetitivo che va come a scandire il ritmo del brano e un altro fatto di dissonanze che lo avvicinano alla musica giapponese per Koto. Con “cromo” continuiamo il nostro viaggio, questa volta accompagnati da ritmi blues ma con la stessa attitudine orientale conferita dal suono del cumbus, uno strumento a corda che fonde appunto il banjo e l’oud, il liuto mediorientale. Il tutto alterato da tape echo e distorsioni. “falia” è un brano che vede la partecipazione del violoncello di Julia Kent, la quale riempie di ampi sospiri questo walzer lento denaturalizzato, seguito da “affiora”, un ragtime 2.0, che è la traccia più leggera di tutto l’album, il quale si chiude con “ultima luce”, ispirata dichiaratamente alle composizioni di colonne sonore italiane anni ‘70 ma arricchita da elementi di elettronica che le riportano nel presente e la partecipazione di Sebastiano De Gennaro al vibrafono. Il terzo album di Cabeki ci si presenta quindi in tutta la sua potenza immaginifica e creativa, in grado di trasportare l’ascoltatore in luoghi remoti ma sempre molto vicini: si tratta pur sempre del regno dell’immaginazione, che si trova nella parte più vera dell’animo umano. Tutti questi brani verranno presentati live e saranno ri-arrangiati per poter essere suonati in solo da Cabeki. Grazie all’utilizzo di un’app della Moog per iPad suonata “con i piedi” tramite un’apposita pedaliera e una loop station collegata a chitarre acustiche e zither, li eseguirà dal vivo senza l’ausilio di basi pre-registrate o sequenze.
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