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CABOOSE

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"Hinterland Blues" è il primo album dei Caboose, formazione italo-berlinese, seguito di un ep pubblicato sempre nel 2018 promosso con più di 50 live, compresa l'apertura a una leggenda del blues come Watermelon Slim. Il gruppo a fine Gennaio 2019 volerà in America per partecipare all'International Blues Challenge, manifestazione internazionale che si svolge a Memphis ogni anno con la partecipazione dei migliori esponenti di questo genere musicale.

Nel nuovo album, i tre musicisti proseguono nella loro ricerca, impegnati in un discorso più maturo che alla radice musicale e sociale del blues pre-war aggiunge generi e temi contemporanei, soltanto all'apparenza distanti. Gli intermezzi di slam-poetry, le grida stile spoken word, i riff riverberati della psichedelia si potrebbero quasi interpretare come l'evoluzione di quello stile documentato da Alan Lomax, quando la voce, il canto, il songwriting, oltre ad un'occasione di festa erano uno strumento sociale in mano ai lavoratori delle piantagioni e che grazie al dono del racconto e del saper suonare uno strumento, hanno sensibilizzato il pensiero collettivo di un'intera comunità partendo da fatti prevalentemente quotidiani trattando con ironia tabù, disgrazie, oppure mettendo in luce le ipocrisie, le facezie, le tristezze della propria gente.

Nel Mississippi ideale dei Caboose, resta l'immaginario sonoro mistico e poetico à la Fred McDowell e dell'Hill Country blues, ma non troviamo più gli schiavi dei campi di cotone nè le feste clandestine nelle cabin, l'ironia e il focus delle storie si spostano sui protagonisti contemporanei: giovani disoccupati in viaggio su aerei low cost, adulti superstiti del '68 travolti dai social media, lavoratori sfruttati ripagati in ore di traffico e programmi televisivi a pagamento. Tutti i testi sono pervasi dalla medesima tensione, che diventa ora sociale (come nella traccia più R&B dell'album “Our World”), ora distruttiva (il punk-rock a tinte scure di “Suicide Song”), ora anelante a qualcosa: la persona amata (l'incalzante “Bloodhound”), lo scomparire sul primo treno che capita (il traditional “Freight Train”). Dai pezzi non sembra trasparire alcuna soluzione, piuttosto la forza dei protagonisti in un percorso che porta alla (non facile) scoperta di sè stessi, con esiti distruttivi o liberatori.


La scelta del tema non è fatta a caso. Il chitarrista e leader del progetto Louis DeCicco lo spiega così: “Ho fantasticato attorno una teoria matematica chiamata "lonely runners conjecture" in cui in sintesi, su un totale di ipotetici corridori che viaggiano alla stessa velocità lungo una pista circolare, c'è un esatto momento in cui tutti sono separati dagli altri secondo la medesima distanza e velocità. Azzardando che la pista circolare possa essere l'intero pianeta terra, dovremmo ammettere ipoteticamente che esiste un momento nella vita di ognuno in cui ci ritroviamo soli: o nell'atto di ricominciare o in quello di arrenderci. E' sulla prima opzione che girano tutte le canzoni "

E infatti nelle 8 tracce del disco, non è il senso di tristezza a prevalere, piuttosto emerge l'immensa energia vitale - irrazionale - che spinge ognuno a vivere, sia nello slancio iniziale che nell' attimo dopo aver tagliato un traguardo. Per chi è interessato alla "bibliografia" del disco, i lettori troveranno pane per i loro denti: da “Il Mito Di Sisifo” di Camus, al “La Solitudine Del Maratoneta” di Sillitoe, fino a “La Notte Prima Della Foresta” di Koltès, “Cent'anni Di Solitudine” di Marquez, l'universo letterario spazia al pari dei generi musicali.

La periferia del titolo (che è anche un pezzo spoken word/psichedelico omonimo) non è altro che lo scenario etereo e distopico comune a tutto il mondo grazie al quale i fatti narrati al suo interno assumono una valenza universale: il non-luogo che rappresenta ogni luogo. Un mood che musicalmente si traduce con un suono scuro e pieno, e un ritmo ossessivo fino a risultare tribale, che influenza ed è plasmato a sua volta dalle parole che diventano un secondo strumento ritmico. E se un messaggio c'è, nella desolazione di questa periferia, dove ognuno lotta contro/per qualcosa, è che in questo palcoscenico aperto, in questa lotta giornaliera, in questa altisonante povertà siamo tutti uguali: ognuno, a diverse velocità, corridore solitario verso il proprio destino.

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