Quindici anni fa usciva Roomsound, il primo disco dei Califone. Quello che si dice un album seminale, in grado di tracciare una linea e anticipare tendenze, lontano dai riflettori ma ben presente nella testa e nel cuore di addetti ai lavori, musicisti e appassionati. Band come Wilco, Iron & Wine e Modest Mouse, per citare nomi con i quali i Califone vantano amicizie e collaborazioni assai strette, hanno ampiamente attinto alla miniera di suoni che la band di Tim Rutili sciorinava nei dieci brani di quell'esordio fulminante ma soprattutto all'idea che lo sottendeva: innestare nel corpo sonoro dell'american music, fatto di folk, country e blues, elementi di disturbo, "scarti" e deviazioni, provocando un disorientamento produttivo e rigenerante: ovvero, rendere strano ciò che è familiare e familiare ciò che è strano.
Di questa cifra estetica i Califone erano e sono indiscussi maestri e gli innumerevoli tentativi di imitazione tali sono rimasti. Slide polverose e schegge elettriche, elettronica in bassa fedeltà e tastiere analogiche, suoni trovati e percussioni autocostruite, ripiegamenti acustici alternati a impennate rabbiose, vocalità dolente eppure a suo modo corale sono il marchio di fabbrica di quel disco (e dei suoi successori, altrettanto belli).
Attenta com'è ai percorsi e alle sorti del songwriting di qualità, la Dead Oceans (casa, tra i tanti, di The Tallest Man on Earth, Phosphorescent, Riley Walker, Bill Fay) non si è lasciata sfuggire l'occasione del quindicennale e lo scorso autunno ha ristampato Roomsound in una versione deluxe; parallelamente la band si è ritrovata per un pugno di date nordamericane a celebrare anniversario e reissue e a suonare il disco dall'inizio alla fine. Al fianco del sempre presente Rutili si sono così rivisti i membri storici Ben Massarella e Brian Deck (già con lui anche nei mitologici Red Red Meat), il compagno di tante avventure Michael Krassne (Lofty Pillars, Boxhead Ensemble) e i giovani Wally Boudway e Ross Andrews dei Wooden Indian Burial Ground. www.califonemusic.com