9" è l'incontro di varie influenze, di mani che si sfiorano e corpi che si toccano, come quelli che si possono scorgere all'interno del booklet. Lungo la spina dorsale dell'album si distinguono nove vertebre, a volte consistenti e definite, a volte meno, quando i brani si perdono in improvvisazioni strumentali che assumono la compattezza di un deliquio onirico o di un prodotto cinematografico di lynch-iana memoria.
Le mani che si sfiorano sono quelle delle donne raccontate nei testi, ma anche quelle dei numerosi musicisti che hanno apposto la loro firma in calce a questo album. Mani sapienti, attente a far vibrare le corde giuste al momento giusto; all'inizio del disco, ad esempio, quando Carlo Barbagallo fa Tim Buckley - e Tim Buckley fa Miles Davis - o quando con anima soul l'autore rievoca la voce del più pacato e compianto Chris Cornell, quello dei Temple of The Dog e di "Say Hello To Heaven". Ma anche quando elucubra dissonanze che si ricompongono solo nella lunga coda finale, come farebbe un oratore confuso che, con l'atto stesso del parlare, riprende il filo del discorso appena perduto.