Carmelo Bene ed il suo cinema L'attività cinematografica di Bene si evolve a cavallo degli anni sessanta e degli anni settanta. In questo periodo di transizione si notano le rivolte studentesche, l'affermarsi del terrorismo come pratica di lotta politica, la crescita della delinquenza e la sua relativa organizzazione (il fenomeno mafioso e cammorristico), la relativa diffusione delle droghe pesanti e leggere, il vacillare delle istituzioni politiche. La commedia all'italiana ne registra puntualmente l'esistenza mutandosi verso il grottesco ed il genere drammatico con i film di Comencini, di Monicelli, di Risi, di Scola. Esplode il fenomeno Jacoppetti con il suo "Mondo Cane" e con "Africa addio" e nelle stesso tempo si afferma il filone dello "spaghetti-western" con i film di Sergio Leone a riprova del cambiamento della società italiana e della diffusione popolare della commedia da considerare a tutti gli effetti l'asse portante del cinema nazionale. Altri noti "autori" si fanno luce: da Pier Paolo Pasolini con il suo cinema di poesia, le influnze del mito e della fiaba, e la sua asciutezza nel linguaggio, oltre la sua osannata maledizione; a Marco Ferreri che dalla sua parentesi spagnola denota la tendenza della produzione italiana fortemente intriso di suggestioni surreali ed altamente metaforico nel suo impianto tematico; ed ancora Michelangelo Antonioni con la sua disperata incomunicabilità, Bellocchio con il suo "I pugni in tasca" ed il tranciare i rapporti con il neorealismo, e da sottolineare - rimanendo in tema di neorealismo - la perdita di pubblico e la perdita d'attenzione della critica di Roberto Rossellini fautore e capostipite di questo importantissimo fenomeno tipicamente italiano ed affermato all'estero. Da sottolineare inoltre la diradazione dell'esercizio cinematografico e la relativa urbanizzazione del pubblico. Nella musica esplodono con forte successo di pubblico i cantautori e l'avanguardia nella pittura contemporanea, Warhol e Pollock, per esempio, e la ricerca di nuovi linguaggi nel cinema. Su queste influenze s'innesta la produzione filmica di Carmelo Bene. Un cinema fortemente ripetitivo, altamente narcisistico ed esibizionistico come la personalità dell'autore, con accenni dannunziani, comprovante il retroterra culturale di chiara marca cattolica con la relativa sessuofobia e l'inevitabile liberazione da quest'ultima, fortemente intriso della tradizione del melodramma con chiari riferimenti a Verdi, e soprattutto lo scontato riferimento ad Antonin Artaud ed al suo teatro della crudeltà. Non ultimo nei suoi film si vedono le chiare e nette influenze del cinema d'avanguardia newyorkese e del cinema underground. Formalmente queste influenze sono chiramente leggibili in "Nostra signoara dei Turchi" un film del 1968 tratto dal libro di Mario Masini e premiato alla Mostra di Venezia. Sulla storia del massacro di cristiani nel palazzo Moresco di Otranto nel 1418, assassinio perpretato dai Turchi, il protagonista si impersona con una delle vittime, in un delirio santificatorio con accenni al martirio cristologico in un lacerante autoprocesso cede intenzionalmente al sesso amoreggiando con una santa. Con "Capricci" un film del 1969 narra delle vicissitudini amorose della protagonista, l'attrice Wiezensky follemente innamorata degli uomini anziani convince uno dei suoi ultimi ad eliminare il precedente, dopo estenuanti tentativi riesce nel suo intento nell'azione caratterizzata dalla presenza di pittori e di poeti. Nel "Don Giovanni" un film del 1970 tratta dellle vicissitudini amorose del prode e turpe personaggio che stanco delle facili conquiste si avventura nella difficile seduzione di una gionave mistica la quale ricerca estenuantemente delle icone raffiguranti immagini mistiche. Quasi arresosi delle continue ed inutili prove chiede aiuto alla madre della ragazza, un tempo sua amante, affinchè convinca la figlia a cedere alle sue istanze amorose non riuscendoci ovviamente. Arriva al punto di regalare le immagini sacre a lei cercando invano di sedurla e addirittura di assumere le sembianze di Cristo crocifisso ma non ottenendo successo; il film si conclude con la rivelazione da parte della ragazza del suo stato di gravidanza. "Salomè" invece, un lungometraggio prodotto nel 1972 tratto dall'omonima opera di Oscar Wilde vede la costante presenza di figure evangeliche, Gesù Cristo nel banchetto assume le sembianze di un vampiro, crocifissioni e violenza bruta non mancano nelle sequenze. Nel banchetto, con la evidente impostazione teatrale e la forte ridondanza scenica, danza la Salomè figliastra di Erode minacciata e infastidita da Jakanean la quale chiede ed ottiene la testa di quest'ultimo in cambio di una sua danza. La storia si chiude con Erode che viene scorticato dalla sua figliastra. Grottesca la rappresentazione della storia nel film. "Un Amleto in meno" del 1974 una delle tante variazioni tralatro originale dell'Amleto scespiriano riletto grazie all'interpretazione di Jules Laforgue non è altro che una lenta ed inesorabile distruzione dei miti e dei riti del mondo dello spettacolo. Amleto, nel film, divide il tempo che gli rimane tra il teatro ed il cimitero tra situazioni scomode apparizioni del fantasma del re assassinato e continu trattative con Orazio mentre Claudio uccide il re suo fratello e rende amante la sua regina. Lo scandalo è da considerasi a tutti gli effetti il motivo conduttore del cinema di Bene, oltre il delirio poetico, la genialità attoriale, il funnambolismo nella composizione stilistica, l'iconoclastia e la distruzione anarchica e la visone sostanzialmente tragica della vita. Da sottolineare l'originalità indiscussa che fa del suo cinema un momento non trascurabile della storia del cinema nazionale. L'unico aspetto negativo e la difficile visione del corpus filmico dell'autore a riprova della negazione della cultura cinematografica che affligge questo paese.