Carmine Torchia traccia per traccia
Si parte subito pop: Carmine Torchia infatti piazza proprio all’inizio di Affetti con note a margine Dio non è un santo, già presentata come singolo e rappresentativa di un certo modo di scrivere che apparenta al Battiato d’antan ma con una freschezza tutta moderna. Si resta su un passo simile con la veloce L’amore è un atto politico, con la voce del basso a funzionare da raccordo efficace all’interno della struttura del brano.
Cielo di Lèvanto prende un passo più morbido e qualche strada panoramica a livello sonoro, qualora il panorama sia quello di un cielo elettronico stellato. Il drumming è piuttosto intenso, almeno per un pezzo così sognante, mentre la chitarra si impegna su arabeschi piuttosto infiorati ma non invadenti.
Anna Lisa condivide i ritmi morbidi con il pezzo precedente, ma anche un mood che sottopelle è tra funk e soul, benché la superficie (qui adornato anche dalla tromba) sia quella di una notevole canzone d’autore. Partenza moderata, con basso, per Col garofano e la spada, con probabile riferimento al libro di Rafael Alberti Tra il garofano e la spada, che narra della guerra civile spagnola: il ritmo durante il percorso si alza, il tono è invece alto e lirico fin da subito.
L’ora X impegna soprattutto la chitarra acustica, in una canzone dai tratti fiabeschi. L’umanità ha tratti lirici e melodici spiccati, ma il ritmo è alto e il testo fa di nuovo riferimento all’attualità. Curiosa Il tuo stile, cover e tributo a Léo Ferré, in cui il sostantivo protagonista non è proprio “stile”, bensì una parte anatomica posteriore del corpo maschile e femminile (ma in qualche dialetto del sud ci sono espressioni come “è culo tuo” per dire “è una faccenda che ti attiene, che ti riguarda da vicino”). Il brano è tra i più elaborati, anche dal punto di vista sonoro, dell’album, con una passione che si apre progressivamente, fino al grande e potente assolo di chitarra finale.
Il pathos acceso da Il tuo stile non si spegne con Manù, densa di archi e di suoni antichi, un minuetto d’amore dal passo cadenzato, un divertissement ricco però di sostanza. A seguire Il salmo che viene per te, che ha un passo tranquillo e sonorità moderate. Ma si rallenta ulteriormente con Ammènzu ‘a via, ninna nanna dialettale con qualche tratto convenzionale. Larghi tratti di attualità in Niente più ideologia, moderatamente veloce e beffarda, con elettronica e tripudio generalizzato per un Paese in decomposizione.
Territoriale acquista dalle prime battute il ritmo di un rock deciso e anche cattivo, con la chitarra che torna protagonista ma anche con digressioni strumentali importanti nella seconda parte. Si chiude con la morbidissima L’epoca d’oro, dedicata ai genitori e a una generazione precedente i cui sogni sono svaniti rapidamente quanto le morbide note di questo dolce brano di chiusura.
Se la prende con calma, Carmine Torchia, nel distendere le proprie idee lungo l’arco narrativo di quattordici canzoni dense di suoni e significati. I risultati sono spesso eccellenti, non tanto per la voglia di sorprendere quanto per la capacità di tenere le fila di un racconto ricco di particolari ma anche dal respiro molto vasto.
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