Una giovane band norvegese, dalla formazione non troppo insolita (voce, due chitarre, basso, tastiera, sax e batteria), dotata di un buon bagaglio tecnico ma poco o nulla incline al virtuosismo o al protagonismo dei singoli e con alle spalle un EP non particolarmente acclamato (“Beginning/Relieve”, del 2013). Un profilo come tanti altri, su cui in pochi credo avrebbero scommesso granché quando nel 2014, il gruppo diede finalmente alle stampe il suo disco di esordio, “City of the Sun”.
Appena cinque brani, dai 6 e mezzo ai quasi 15 minuti di durata, nella migliore tradizione del rock progressivo degli anni d'oro. Ed è chiaramente nelle sonorità dei grandi gruppi degli anni '70 che i Seven Impale affondano le loro radici, ma l'evocazione non si spinge mai oltre la suggestione, né si lascia imbrigliare nel semplice citazionismo di maniera o nella ripetizione di canoni e stilemi già ampiamente ascoltati. I sei ragazzi di Bergen riescono invece ad elaborare un suono che risulta allo stesso tempo pulito e preciso, ma anche ambizioso, avventuroso e pluristratificato. La cifra stilistica è tutta nella continua ricerca di valicare i confini tra i generi, di proporre nuovi accostamenti apparentemente discordanti, con cambi di tempo imprevedibili, capaci di creare suggestioni nuove ma che lasciano allo stesso tempo una sensazione di compiutezza e familiarità. A questa si accompagnano uno spiccato senso per l'orchestrazione meditata ed una notevole attitudine nel costruire riff esaltanti, potenti ed ammalianti ed una capacità impressionante di imbastire dei crescendo vertiginosi, fino alla inevitabile deflagrazione finale.