Il realismo magico di Giovanni Imparato non attinge eccessivamente a quello del Novecento di derivazione sudamericana o europea, è piuttosto un realismo magico nuovo che finisce per trovare la magia nell’inconscio, divenendo quasi un’attitudine. I suoi brani continuano a godere di un potere immaginifico che i realisti attuali – penso ad Alice Rohrwacher nel cinema – condividono in altri campi artistici. Ma accanto a questa spiccata e candida sensibilità si fa spazio la lezione che sembra aver raccolto da un hit maker come Alan Sorrenti (con cui il nostro ha collaborato registrando alcune chitarre presenti in Oltre la zona sicura, uscito nel 2022): Colombre non sa solo come si scrive una canzone, sa come scrivere brani capaci di sopravvivere alle mode, capaci di attraversare generazioni e spazi diversi.
Ascoltando i nove brani del disco immagino che a Imparato piaccia davvero molto ascoltare le persone. Come un documentarista del quotidiano, lo vedo ad arrangiare il racconto popolare pieno zeppo di elementi magici e fantastici, perlopiù buffi e surreali, volti e voci che dalla terra giungono in mare e poi tornano indietro. Realismo Magico in Adriatico è un’opera visionaria nella quale storia e tradizione orale si mescolano, come se la prima, da sola, non fosse in grado di dare una spiegazione soddisfacente al mostro – quel Colombre buzzatiano che custodisce.
E in quest’opera piena di speranza e candore pop imbevuto di vaghezze dreamy, Qualche specie d’amore svetta nella sua veste di ballad umbratile ed elegantissima, trattenuta da un’architettura minimalista di archi e Farfisa che profuma d’eternità. Dall’indeterminatezza del sentimento universale – che si fa sempre più difficile da definire – Colombre approda al duetto con Maria Antonietta in un pezzo scritto da quest’ultima: Io e te certamente dimostra ancora una volta che sporcarsi le mani con la verità più profonda, paga e fa arrivare alla purezza, anche se la purezza è un’idea da fachiri, da monaci, come diceva Sartre.