Sineglossa, oltre ad essere il nome della compagnia, è lo spirito di ricerca comune alle persone che l’hanno scelta (o che ne sono state scelte). Leggere i Vangeli ‘sine glossa’, senza interpretazioni, è quello che San Francesco raccomandava di fare a chi si avvicinava al Verbo. Sineglossa tenta di raccogliere il suo invito, per quel che concerne la ricerca teatrale. Ha l’ambizione di costruire una drammaturgia non addolcita, non semplificata, non retorica, che non faccia sentire a suo agio, in modo consolatorio, chi si dispone alla visione. Ma allo stesso tempo che, proprio per la sua radicalità, riesca a incidere sulle percezioni di chi, abbandonandosi, le concede fiducia. Sineglossa opera nello spazio che sceglie (o che le viene imposto), usandolo nelle sue peculiarità. Il fatto di costruire la regia attraverso residenze artistiche in diverse città italiane, operazione inizialmente dettata dalla necessità, ci ha incoraggiato a pensare il nostro lavoro nomade anche come studio registico sullo spazio, mantenendo l’impianto drammaturgico di base. Una scelta in perfetta assonanza con l’indagine che stiamo portando avanti, sulla trasformazione dell’identità in relazione ai luoghi che occupa, e ai confini che sceglie per sé. Sineglossa, diventata compagnia, sta elaborando un linguaggio comune ai suoi componenti, ognuno proveniente non solo da formazione professionale e di gusto differenti, ma da forme di vita (in senso wittgensteiniano) distanti. Se Luca, che si occupa delle immagini luminose, ha sempre trovato ovvio, per la completa mancanza di narratività che contraddistingue il suo lavoro, far collidere forma e contenuto, per Federico, regista della compagnia, e Simona, interprete, questa distinzione ha ancora qualche significato. Ma anche qui le divergenze non mancano: per Simona, da un punto di vista attoriale, lavorare sul percorso di un personaggio a tutto tondo rimane una sfida stimolante. Federico, invece, poco attratto da risvolti psicologici, cerca di frammentare una linearità da cui parte, per svelare, in queste rotture, squarci imprevisti. Per Silvio, compositore di musica elettronica, il discorso è ancora diverso: nonostante la musica per definizione utilizzi un alfabeto altro rispetto a quello con cui si formano le parole, i suoi interessi per il cinema da sempre hanno spinto la sua musica ad un dialogo serrato con una drammaturgia, sia essa di testo o di immagini. Se la regia, dal nostro punto di vista, non ammette democrazia, la drammaturgia del lavoro è costruita nel confronto, anche molto acceso, se non altro su un punto di partenza che sia stimolante per ciascuno e che indirizzi la regia ad una visione più cogente. I continui perché che Simona pone rispetto alle motivazioni che spingono la figura in scena ad agire, se a volte risultano inopportuni, altre volte sono un motore fondamentale per la chiarificazione di una scelta registica, altrimenti lacunosa e superficiale. La scoperta dell’effettiva possibilità di comunicare a parole, all’apparenza vaghe o sconnesse, la qualità sonora che una certa composizione deve avere in un preciso momento, per dialogare con una specifica scena. La ricerca di una valenza drammaturgica, non puramente estetica, anche del materiale o della fonte luminosa con cui vengono elaborate le immagini. Sono solo alcuni esempi, questi. Quello che muove il nostro desiderio è la ricerca di un codice proprio (originale, se si vuole, ma questo è già un obiettivo che solo a posteriori ha senso verificare). Una ricerca in cui la prima soluzione che si trova in genere è quella sbagliata, perché quella più facile, pigra, codificata già dal nostro immaginario. Il nostro non è di certo un obiettivo a portata di mano, che avrà compimento nel prossimo lavoro, ma se parlare di teatro di ricerca ha senso, questo è l’unico che siamo in grado di attribuirgli. Regia: Federico Bomba (7/7/1980, Ancona), laureato in filosofia, si è formato teatralmente, prima come attore, poi come drammaturgo e regista. Ha collaborato con i Motus e si è diplomato presso il Corso di Alta Formazione per Sceneggiatori dalle Performing Arts ‘LUS’, diretto da Marco Muller, con la partecipazione di cinque tra le maggiori compagnie teatrali dell’Emilia Romagna. Interprete: Simona Sala (5/3/1982, Ancona), si è formata presso il Piccolo Teatro di Pontedera. Ha partecipato, inoltre, a numerose produzioni di Inteatro (Polverigi). Immagini luminose: Luca Poncetta (28/1/1980, Malcesine, VR), disegnatore e pittore, ha sviluppato la sua ricerca sulle proiezioni della luce, e quindi sulla creazione delle ombre, lavorando principalmente a carboncino. Il passaggio all’utilizzo di fonti luminose in scena è stato dunque dettato da un interesse alla manipolazione del chiaroscuro nella tridimensionalità. Sonorità: Silvio Marino (31/12/1980, Potenza), compositore di musica elettronica.