Tutto ciò che proviene da un personaggio come William Bennett (brutale e controverso agitatore noise con i Whitehouse, ma anche oscuro cultore della italo disco come DJ Benetti; esperto in programmazione neurolinguistica, ma anche collaboratore nel 1981 di Steven “Nurse With Wound” Stapleton per un album ispirato al marchese De Sade) è destinato a passare attraverso il fuoco di fila delle polemiche e dei dubbi di politically incorrectness. Anche dietro il suo interesse verso le percussioni poliritmiche della tradizione africana e voudon haitiana c’è stato chi ha visto l’ombra dello sfruttamento neocolonialista e dell’appropriazione indebita. Se ci si libera da preconcetti e banalizzazioni sociologiche è possibile invece apprezzare in pieno la progressione del progetto Cut Hands e dell’estetica “afro noise”, che in Festival Of The Dead vede la più riuscita stilizzazione, bypassando il rischio di intellettualismo dei primi approcci. Frutto di una personale attrazione che da subito si dimostra lontana dal più bieco e scontato terzomondismo (fin dalla pseudo-compilation industrial noise Extreme Music From Africa, pubblicata nel 1997, dove il coinvolgimento di Bennett è andato certamente ben al di là del ruolo ufficiale di “coordinatore”), la proposta Cut Hands trae ispirazione dal mondo percussivo patrimonio di Ghana, Congo e Haiti, attraverso secche percussioni elettroniche volutamente innaturali nella loro metronomica precisione, programmate in avviluppamenti poliritmici dall’effetto ipnotico e straniante, spesso appoggiate su un ruvido tappeto rumorista. www.residentadvisor.net/dj/cuthands https://www.facebook.com/afronoise cuthands.bandcamp.com/