Dopo un lavoro triste e più o meno sperimentale (“Anema e core”, 2011) e uno gaio e pop (“Rococò”, 2014), un dischetto improntato a una psichedelica, quasi liturgica neutralità (una confusa “Zanzare” quasi solo elettronica), fondato su armonie vocali ormai impeccabili e un (trattenuto) virtuosismo da purosangue, che incespica anche sulla genericità del revival sunshine anni 60. La cortissima durata (Ep allungato? album scorciato?), non concisione ma sentiero preso e subito abbandonato, è uno sciupo. Geniale ma dissennato e fuori contesto lo scherzetto di commiato, “La furia, il gobbo e la miccia”.