Originario di Los Angeles, Rossen si trasferisce a New York per frequentare l’università. Qui incontra Fred Nicolaus, con cui, nel 2001, forma i Department of Eagles. Il duo pubblica due singoli e un album, “The Whitey on the Moon UK”, via Isota Records. Nel 2005 si unisce, come chitarrista, ai Grizzly Bear.
Con la band pubblica 4 album in studio. Il primo, “Yellow House”, nel 2006.
Nell’ottobre del 2008 riunisce i Department of Eagles per un secondo disco, “In Ear Park”. All’album collaborano i compagni di band dei Grizzly Bear Chris Taylor e Christopher Bear, con la co-produzione di Taylor.
Dopo aver lasciato New York ed essere tornato a casa a Santa Fe, Rossen decide di lavorare ad un suo progetto solista. Meglio noto come chitarrista, in questo nuovo progetto Rossen si cimenta anche con il contrabbasso, il violoncello e i fiati. È da questa ricerca che prende vita “You Belong There”, la sua seconda prova da solista dopo il debutto con l’EP “Silent Hour/Golden Mile” del 2012.
Molti sono i vantaggi di far parte di una band di successo come i Grizzly Bear, l'individualità non è sempre uno di questi. Gli impulsi sono frenati dalla programmazione, le scelte sono vincolate dal compromesso. Per quanto formativa sia stata la sua esperienza nei Grizzly Bear, è in questo nuovo progetto che Rossen ritrova ciò che aveva perso in quell'equazione.
Il suo EP solista del 2012, “Silent Hour/Golden Mile”, sembrava una pura dichiarazione di sé. Dopo la pubblicazione, Rossen decide di lasciare New York per tornare a casa. Qui ha potuto chiamare a raccolta le sue idee - a volte lavorando a un riff o una melodia per anni - il tutto mentre abbracciava la routine della vita rurale e, infine, le avventure della genitorialità. L'autosufficienza è diventato uno stile di vita, una modalità di espressione matura.
Questo è il paesaggio che circonda “You Belong There”, la considerazione sofisticata e viscerale di Rossen su ciò che viene dopo l'entusiasmo irrequieto e la fanfara dei 20 e 30 anni. I nuovi brani percorrono il territorio inesplorato dell'età adulta, i problemi che si lasciano alle spalle e le nuove opportunità che si presentano.
Parte con una solitaria chitarra acustica “I’ll Wait for Your Visit”, brano in cui Rossen fa i conti con una storia familiare di "distanza incolmabile", con la sensazione di sentirsi perennemente fuori luogo. Bellissima e urgente, “The Last One” guarda indietro agli anni del disagio giovanile per poi riconoscere che la forza può essere scambiata con la stabilità. L'affascinante “Unpeopled Space” riflette sul tempo trascorso da Rossen nello stato di New York, dove si era costruito una vita in mezzo a una natura selvaggia che cercava di chiudersi intorno a lui.
Rossen ha studiato a lungo jazz e musica classica, sviluppando quel tipo di abilità da artigiano così evidente in ogni intricata piega dei suoi precedenti progetti. Ma c'è una durezza senza fronzoli in “You Belong There”, un'aggressività fornita dalla sua ritrovata sovranità. È lì nella batteria sferragliante (suonata da Chris Bear, uno dei pochissimi ospiti qui) e nella chitarra nodosa di "Tangle”. È lì nei ritmi in "Shadow in the Frame". È lì nella semplicità ingannevole e nella dinamica del passaggio d’apertura di "It's a Passage". Queste canzoni bilanciano finezza e forza senza compromettere né l’una né l’altra.
I 44 minuti del suo LP di debutto traboccano di tumulto, dolore, ansia e fragilità. Ma anche di splendore, quello splendore ineffabile dell'espressione di sé, un brivido riservato a chi ha l'audacia di perseguirlo.
"Puoi vedermi adesso?" Rossen canta lentamente verso la fine della title track, meravigliandosi di ogni sillaba come se fosse un tesoro precedentemente sconosciuto. Finalmente, assolutamente.