Discomostro ha suonato, e tanto. In posti grandi, in caverne, in baite, in palazzetti. Davanti a nessuno e davanti a folle, senza rimborso o con consumazioni illimitate da starci male. In tanti ci sono passati, ma in pochi ne hanno saputo trarre un reale vantaggio. Suonare un disco ai concerti, soprattutto il primo, ti porta a trasformare le canzoni che hai scritto e che stai promuovendo conformandole a ciò che vorresti fosse la struttura ideale di un pezzo. È così che, di solito, nasce un secondo disco.
“Mostroscopia“, visto in questa ottica in fieri, è allora da considerarsi un lavoro perfetto. Come tempi, come numeri, come parti e come incombenze. Nessuno, in Italia, è capace di mischiare hardcore e rock’n’roll come loro, come il Discomostro. Perché spreme ciò che di essenziale esiste nel suonare punkrock e lo trasforma in un subbuglio musicale ancora più diretto ed estenuante, ancora più fervido e dissacrante.
Ciao è il singolo che gira da un paio di settimane, e nonostante l’innegabile presa dell’inizio, il punto più magico della canzone è il giro di basso che si interrompe prima di dare inizio all’ultimo ritornello. Apre il disco e spiana la strada a Nossignore, che corre che più veloce così non si può, davvero. Se fosse uscito negli Usa, questo “Mostroscopia” sarebbe uscito per la Deranged, che pensa i dischi al bancone di un bar sperduto nel Midwest o per la Lookout!, che pubblicava gli Avail e il loro modo di intendere il punk rock come una sofferenza rivelatrice, soprattutto dal palco.