EARL ZINGER Put Your Phazers On Stun: Throw Your Health Food Skyward Forse pochi sanno che Earl Zinger è stato uno dei nomi più strategici nello sviluppo del pop da addirittura più di mezzo secolo. Le note biografiche ce lo descrivono crooner newyorkese nei tardi anni '40, più tardi sodale dei guru detta beat generation, collaboratore e tastierista di Bob Dylan negli anni '60, poi il quarto incomodo dei mitici compositori Holland-Dozier-Holland. Negli anni '70 Zinger vive il suo periodo giamaicano e collabora con Bob Marley e la scena storica del reggae; rientra a Londra giusto in tempo per consigliare a Malcolm McLaren di avviare la carriera di un promettente gruppo che sarebbe diventato famoso (indovinate). Ovviamente in tutti i fenomeni successivi (hip hop, electro, fino alla stagione dei rave e della techno) Zinger sarà in prima linea, come se il destino dovesse inevitabilmente fargli vivere da protagonista ogni fermento musicale sul pianeta... Naturalmente tutto ciò è completamente falso, questo giusto per darvi un'idea del personaggio, che così si presenta nelle press sheet... Cosa aspettarsi allora da questo disco, se non una carrettata sulle alcune delle più curiose sfaccettature della musica degli ultimi quarant'anni? "Put Your Phazers..." è sicuramente spiazzante sotto molti punti di vista, e rivela la sua identità camaleontica solo dopo ripetuti ascolti. Quello che ne emerge alla fine è un frullato di suoni talmente pazzoide e composito che non si può fare a meno di pensare ad alcuni storici gruppi della new wave in cui la creatività prima che studiata era genetica: Pop Group, Tuxedomoon e soprattutto Residents, citati in una serie di episodi in modo quasi esplicito (Battle Of The Mic, Last Of The Great Bassline Hunters, Ringa Dinga Zinga, Egyptian In The Red, mentre On My Way Home sembra più consona al repertorio di Snakefinger). Altri elementi presenti in modo massiccio sono poi dub e reggae (Song 2Wo, ...), mediati da una sensibilità tutta pop al senso bacharachiano (Learning To Fly, con cori e violini, Galaxy, dal sound anni '80, Did They Write On You, con tastiere di repertorio They Might Be Giants, e una pop song assolutamente perfetta quale Go Round), jazz (Metropolis è una riedizione del classico Take 5, Saturday Morning Rush swinga su un contrabbasso con parlata quasi scat), e poi ancora veleni blues, echi del beat anni '60, perfino qualche cenno al rock'n'roll! Inevitabili alcune prolissità, ovviamente; ma in definitiva queste sono ampiamente scusate dal profluvio di creatività sfrenata del disco nel suo complesso, che rimarrà probabilmente una deliziosa anomalia, fiera della sua inclassificabilità.