Proprio in occasione dell’uscita di quell’album, in sede di recensione, affermavamo: «Il disco potrebbe benissimo rappresentare il negativo della soundtrack che Ry Cooder confezionò per il Paris Texas di Wenders». Ed il paragone, tirando magari in ballo anche il Neil Young più iconoclasta e scuro, si può tranquillamente applicare a tutte le uscite degli Earth a partire da Hex; Or Printing In The Infernal Method fino a questo nuovo Full Upon Her Burning Lips. L’attacco frontale, la distorsione, il muro sonoro rallentato, dilatato fino all’esasperazione e spinto alle sue più estreme conseguenze dei primi lavori discografici ha lasciato in parte il posto ad un atmosfericità che rivede i più classici temi di tutte quelle musiche riconducibili al genere cosiddetto “Americana” reinventandoli, personalizzandoli e restituendogli tutto il potenziale cinematico ed evocativo che ad esso è indubbiamente intrinseco.
Ammirevole resta comunque la capacità di rendere la musica degli Earth sempre avvincente. Ora sinistra e minacciosa, ora epica ed evocativa, ma mai autoindulgente. Questo grazie all’applicazione di minuzie melodiche e dettagli sonori apparentemente minimi ed allargando alla bisogna la spartana ma potente tavolozza strumentale. Con Full Upon Her Burning Lips, Dylan Carlson dimostra ancora una volta la volontà e la capacita di comunicare, coinvolgere ed anche emozionare, ma sempre e comunque alle proprie condizioni.