"Cathedral” del londinese Ed Laurie è un piccolo grande disco. Sincero e intenso come pochi. Realizzato con un procedimento che tenesse accesa la fiamma che vi brucia dentro: poche sessioni di registrazione, niente sovraincisioni, tutto in presa diretta. Ad accompagnare Ed un gruppo di eccellenti e affiatati musicisti italiani: i bolzanini Andrea Polato (batteria), Marco Stagni (basso/contrabbasso), Matteo Cuzzolin (sax), insieme nel trio jazz-core Fatish, Manuel Randi (chitarra) e il percussionista-vibrafonista napoletano Pasquale Bardaro (orchestra del teatro San Carlo). Ai quali si è poi aggiunto il violinista svizzero Raphael Chevalier, conosciuto da Laurie in tour. Le canzoni, ancorate a un songwriting solido e ispirato che nelle ricorrenti venature jazzy chiama in causa mostri sacri come Fred Neil, Tim Buckley e Van Morrison, si arricchiscono di aromi gipsy e assoli latineggianti, evocano suggestioni mitteleuropee e regalano sensazioni di chanson francese à la Gainsbourg. Per poi, nei passaggi più asciutti e minimali, tornarsene a casa e bussare alla porta di Nick Drake. Con la voce di Laurie a farla da padrona, ad inerpicarsi senza difficoltà su vette per altri irraggiungibili. Può farci quel che vuole con quell'ugola. Il rischio è di diventarne fin troppo consapevole. Per fortuna il problema per ora non si pone: “Cathedral” è disco di febbrile e poetica purezza. “Theater Im Hof è un posto piccolo piccolo. Ci stanno 50 persone… Nonostante le lillipuziane dimensioni e il caldo che avvolge il teatrino, l'atmosfera che si è creata stasera era bellissima… Appena Ed apre bocca, con il suo stentato e dolcissimo italiano, una nuova energia muove i soliti 50, che pian piano iniziano a farsi trasportare dalle sonorità quasi ipnotiche di questo songwriter che con amore canta l'amore… Ogni canzone è una piccolissima emozione, che rapisce e coinvolge. Tutti i 50. Qualcuno piange perfino, a molti viene la pelle d'oca, altri si perdono nei loro pensieri e si ritrovano nelle note e nelle parole sentite e vissute, lì davanti a tutti, dallo stesso Ed che in qualche modo si mette a nudo davanti a tutti noi. Alle 23 il concerto finisce, i 50 lasciano la sala, asciugano le lacrime, tornano alla realtà della calda serata estiva. Ma l'emozione resta addosso. E poi dicono che la musica dal vivo non serve. Serve eccome”.