EDITH PIAF C'è quasi un secolo di musica nel percorso artistico ed esistenziale di Edith Piaf, la cantante francese nata a Parigi il 19 dicembre 1915 e morta nel sud della Francia nel 1963. Quando cominciò a cantare per le strade il fonografo era ancora un oggetto per pochi, quasi una curiosità e le vedettes venivano soprattutto dal music-hall. Quando morì l' industria discografica era in piena espansione, guardava soprattutto al pubblico giovanile e per quella fascia di pubblico aveva creato uno star-system costellato dai Beatles, Johnny Halliday, Sylvie Vartan, Francoise Hardy. La Piaf, con le sue canzoni realiste che raccontavano storie drammatiche di vita vera e di amori infelici era molto lontana da tutto questo, ma non era (e non è) mai passata di moda: vera artista-cerniera che ha accompagnato le profonde mutazioni della società del Novecento, è ancora una delle grandi voci del nostro secolo. Neanche Charles Dickens ed Emile Zola messi insieme avrebbero potuto immaginare una vita come la sua: nata Edith Giovanna Gassion, era figlia di artisti girovaghi - la madre cantava nelle fiere, il padre faceva il contorsionista - e fu affidata prima alla nonna materna, quando i suoi si separarono. Allevata - così narra la leggenda - con biberon di vino rosso, fu poi affidata alla nonna paterna, che gestiva un bordello a Bernay, un Normandia. Nel 1919 soffrì di una temporanea cecità infantile e quando recuperò la vista, due anni più tardi, tutte le "ragazze" della casa andarono in pellegrinaggio al santuario di santa Teresa di Lisieux. Nel 1922 lasciò la casa della nonna per seguire il padre che girava di città in città., esibendosi per le strade, mentre la piccola raccoglieva i soldi. Un giorno il padre si ammala, Edith scende in strada da sola e si mette a cantare "La Marsigliese". I passanti sono generosi e la bimba intuisce cosa può fare con la sua voce. Nel 1930, comincia a cantare in duo con Simone Berteaut, una donna che sarebbe diventata un po' il suo alter ego, ma anche la sua anima dannata. Le due lavoravano per le strade, nei parchi e nelle caserme. Poco dopo comincia una storia d' amore - la prima di una lunghissima serie - con un muratore, Louis Dupont. L'11 febbraio 1933 nasce una bambina, Marcelle, detta Cécelle. che morirà di meningite nel 1935. Ma Edith non ha la stoffa della madre: già allora la cosa più importante per lei è cantare, anche se la leggenda dice che si era prostituita per pagare i funerali della piccola. Quello stesso anno, la giovane cantante viene notata mentre canta all' angolo di una strada di Parigi da Louis Leplée, proprietario del cabaret Gerny, che la ingaggia per una sera. Sua è anche l' idea del nome d' arte di quell' artista piccola, minuta, dagli occhi grandi e dalla voce possente e drammatica: "Piaf", che nell' argot parigino vuol dire passerotto. La sera del suo debutto, Edith Piaf si presenta con un abitino nero fatto a maglia da lei stessa, che non ha fatto in tempo a completare. Manca una manica, lei si drappeggia un foulard addosso e canta le canzoni della strada: 'Les Mômes de la cloche', 'Nini peau de chien', 'La Valse brune'. E' un trionfo, rimane al Gerny per sette mesi di fila, vengono ad applaudirla, tra gli altri Maurice Chevalier e Mistinguett e, infine, firma un contratto con la casa discografica Polydor, con cui incide le prime canzoni. Marguerite Monnot e Raymond Asso cominciano a scrivere dei pezzi per lei. Ma nella primavera del 1936 Lepleé fu assassinato, in circostanze piuttosto misteriose. Un affare sordido, che avrebbe danneggiato anche l' immagine della giovane cantante. Lei riesce a cantare in vari locali della capitale, poi parte per un tour alla conquista della provincia francese. Si avvicina professionalmente e sentimentalmente a Raymond Asso, di cui aveva rifiutato una canzone 'Mon légionnaire', destinata in seguito a diventare uno dei suoi cavalli di battaglia. Asso prende il posto di Leplée come suo mentore e sotto la sua guida la Piaf arriva nei music-hall più famosi, compreso il prestigioso ABC. E' come conquistare una roccaforte, dopo aver sfondato lì, la sua carriera ha una svolta. A grande richiesta, comincia un tour in tutta la Francia con uno show dell' ABC.. Ormai è "la" Piaf: si esibisce dal vivo senza microfono, conquistando letteralmente il pubblico. Nel 1939 scoppiò la guerra e Asso fu chiamato al fronte. Un altro autore, Michel Emer, scrisse per lei 'L' accordeoniste' poco prima di partire per la guerra. Edith non rimase sola a lungo: mentre si esibiva all' Europeen, un giovane cantante attirò la sua attenzione. Si chiamava Paul Meurisse e sarebbe diventato famoso soprattutto come attore flemmatico ed elegante. I due si esibirono insieme al Bobino, poi recitarono insieme a teatro in un testo di Cocteau e in un film con Jean-Louis Barrault e Serge Reggiani. Nel 1941 Meurisse viene rimpiazzato da Norbert Glanzberg, un pianista ebreo, il che appaga il gusto di Edith Piaf per la provocazione. Intanto continua ad esibirsi nei locali alla moda della Parigi occupata dai nazisti, ma anche nei campi di concentramento dove canta per i prigionieri. Nel periodo dell' occupazione incontra Les Compagnons de la Chanson. Nel 1944 il suo nuovo impresario Lou Barrier la fa cantare per la prima volta al Moulin Rouge. Con lei c' è un nuovo, giovane cantante, marsigliese di origine italiana, che si fa chiamare Yves Montand e Edith non tarda ad innamorarsene. Da ora in poi il ruolo di Pigmalione toccherà a lei, già affermata. Nel 1945 Montand apre il suo show all' Etoile ed è un trionfo. Fra tante novità, la Piaf decide anche di cambiare casa discografica, passando dalla Polydor alla Pathé. Parte per un tour dell' Alsazia e al suo ritorno uno dei Compagnons ha preso il posto di Montand, rimpiazzato come amante perché ha avuto troppo successo. Edith, comunque, gli aveva aperto parecchie porte, procurandogli anche l' opportunità di lavorare nel cinema. Ora toccava ai Compagnons, che tra l'altro appartenevano alla stessa casa discografica della cantante. Con loro apparve in un film e con loro incise uno dei suoi pezzi più famosi 'Les Trois Cloches'. Nel 1946 tornò negli studi della Pathé per incidere delle nuove canzoni, tra cui 'La Vie En Rose', che rimarrà indissolubilmente legata al suo nome. La storia di questo brano è lunga: alla fine della guerra, Edith si era rivolta a Paul Seillier, direttore di una casa editrice di musica, chiedendo di avere dei soldi in anticipo. In cambio aveva proposto di dare una canzone 'Les choses en rose'. Uno dei collaboratori di Seillier, Henri Bourtayre si era messo al pinoforte, mentre lei intonava la melodia. Seillier aveva accettato la canzone per amicizia e le aveva dato il denaro., senza rendersi conto di avere in mano un futuro, grande successo. Bourtayre fu incaricato di scrivere la trascrizione del brano - Edith non aveva superato l' esame dei compositori - e di depositarlo presso la Società degli Autori, ma dimenticò la canzone in fondo ad un cassetto. Finché il pianista della Piaf, Louiguy, non rintracciò la canzone e la depositò con un nuovo titolo 'La vie en rose' e la firma Piaf-Louiguy. La prima interprete è Marianne Michel, ma sarà la Piaf a portarla al successo. Nel 1946 va per la prima volta in America e canta a Washington. Torna l' anno dopo con i Compagnons e insieme si esibiscono alla Play House a New York, dove i Compagnons hanno tanto successo da cominciare un tour da soli, mentre Edith non incontra il favore del pubblico americano, abituato a star in piume e lustrini e sconcertato di fronte all' austerità di questa donnina in nero che canta canzoni tristi. Si riscattò poco dopo al Versailles, sempre a New York, dove vennero ad applaudirla Marlene Dietrich, Orson Welles, Henry Fonda e Charles Boyer. Al ritorno in Francia ebbe un altro trionfo all' ABC, poi, nel 1948 tornò per la terza volta in America, dove intrecciò una relazione con il pugile Marcel Cerdan. Per la prima volta nella sua vita si era innamorata di qualcuno che non era un cantante. Fu un grande amore che accostò il mondo della musica a quello dello sport. Le foto dei due amanti, felici come bambini, al parco di divertimenti di Coney Island fecero il giro del mondo. Intanto la versione inglese di 'La vie en rose' stava movimentando le classifiche inglesi. Nel 1949 tornò negli Usa. Cerdan doveva raggiungerla, ma morì in un incidente aereo. Edith apprese la notizia poche ore prima di andare in scena al Versailles di New York. Si presentò al pubblico a testa alta, quasi a negare la realtà. Poi il giorno dopo crollò davanti alle pagine di giornali con i resoconti della sciagura. Da quella morte non si sarebbe mai più ripresa: si rifugiò prima nello spiritismo e nel misticismo, poi nelle droghe e nell' alcool. Aiutò finanziariamente la moglie e i figli di Cerdan. Ma da allora tutta la sua vita sarebbe stata una fuga in avanti. All'inizio del 1950, cantò a Parigi un altro dei suoi brani più celebri 'Hymne a l' Amour', in memoria di Marcel Cerdan. Incise molte delle sue canzoni in inglese e cominciò ua relazione con Eddie Constantine. Nel 1951 tornò al teatro con "La Petit Lili". Due ciclisti in rapida successione, André Pousse e Toto Gérardin avevano spodestato l' americano. Ma neppure questo le bastava, tanto che durante la registrazione di 'Je Hais les Dimanches' fece delle profferte all' autore, Charles Aznavour, giovane e quasi sconosciuto. Tra uno spettcolo e un nuovo disco - 'Jezebel' dello stesso Aznavour - riuscì anche a fare un film, "Paris chante toujours". Nel 1952 sposò il cantante-compositore Jacques Pills e incise altri pezzi tra cui 'Je t'ai dans la peau', scritta dal marito e dal pianista, Gibert Bécaud. Poco dopo partì per New York, dove celebrò il suo matrimonio per la seconda volta. Gli anni successivi furono caratterizzati da altre canzoni: 'Les Amants de Venise', 'Bravo pour le Clown' e 'Les Croix', firmate da Bécaud, e un futuro classico 'La Goualante du Pauvre Jean'. Tornò al cinema ("Si Versailles m'était conté" di Sacha Guitry, in cui cantava 'Ca ira') e a teatro ("Le Bel Indifférent" di Cocteau, a fianco del marito). Incise altri pezzi famosi: 'Sous le Ciel De Paris', 'Les Amants d' Un Jour' e 'L' Homme à La Moto'. Il suo repertorio ormai oscillava tra canzoni di forte impatto emotivo e brani più leggeri e sentimentali. All' inizio del 1955 cantò per la prima volta all' Olympia, poi tornò a New York e andò a cantare all' Havana e in Messico. L' anno dopo partì per un tour americano: per 11 mesi si esibì negli Usa da nord a sud: alla Carnegie Hall di New York ebbe sette minuti di applausi. Intanto Pills era uscito dalla sua vita e al suo fianco c' era l' ennesimo giovane di belle speranze, Felix Martin, che venne scaricato poco dopo per un pittore americano, Douglas Davies. Una storia d' amore destinata a durare poco più del tempo necessario a fare un quadro. Nel 1959 incise 'Milord' di Georges Moustaki, che raggiunse i vertici delle classifiche in Gran Bretagna, Italia, Germania e Olanda. Alla fine dell' anno partì con Moustaki per New York, dove ebbe un collasso sul palcoscenico. Ma nonostante tutto riprese il tour. Il successo di 'Milord' era destinato a ripetersi nel 1960 con 'Non, je ne regrette rien', di Charles Dumont, la canzone-simbolo della Piaf, che nel titolo e nel testo ne riassumeva l'atteggiamento nei confronti della vita, e con 'Mon Dieu'. Altri pezzi di successo di quel periodo sono la colonna sonora di 'Exodus' e 'Les Amants'. Nell'inverno tra il 1961 e il 1962 incontrò un giovane parrucchiere di origine greca Theophanis Lamboukas, lo ribattezzò Théo Sarapo, lo sposò e lo fece cantare. Insieme incisero tra l'altro "A quoi sert l'amour". Si esibirono all'Olympia e al Bobino. Vederli insieme faceva un effetto strano: lui era alto, giovane e bello, lei era piccola, non era più tanto giovane e non era mai stata bella. I giornali, scandalistici e non, si buttarono a pesce sulla loro storia. Ma Edith Piaf, minata da anni di stravizi a base di droga e alcool e da una forma severa di reumatismi, non era più in grado di andare avanti. Nel 1963, dopo un ricovero in ospedale per una broncopolmonite Theo la portò in convalescenza nel sud della Francia, sulle colline vicino Cannes, dove ebbe una ricaduta. Morì all' alba dell' 11 ottobre 1963. In quelle ore la Francia apprendeva del decesso di Cocteau, e avrebbe ignorato per qualche ora ancora quello della sua più grande cantante. Sarapo, che le aveva promesso di riportarla a casa, trasportò in segreto il suo corpo a Parigi nel sedile posteriore della macchina. Tre giorni dopo venne seppelita nel cimitero del Pere-Lachaise. Quarantamila persone seguirono i funerali, furono necessarie undici automobili per portare i fiori.