Gli Elf Power sono Andrew Rieger, Jimmy Hughes, Derek Almstead, Eric Harris e Laura Carter ed hanno pubblicato oltre 10 album prima della collaborazione con Vic Chesnutt per "Dark Developments". La band originaria di Athens, Georgia (città natale dei R.E.M.), è parte del famoso collettivo musical artistico Elephant 6 ed è in giro da oltre 10 anni. Gli Elf Power sono musicisti a tutto tondo cresciuti in un ambiente poliedrico e affamati di influenze di ogni tipo, dal country alla psichedelia fino all'utilizzo di synth e strumenti folk. La loro musica è difficilmente catalogabile ed inseribile in una scena ben precisa, ma è certo che gli Elf Power siano un collettivo unico ."The Taking Under", che apre l'album, è una ballata in perfetto stile sixties. Pochi accordi, una batteria su di giri, è il tipo di canzone, per dire, che hanno imparato a fare benissimo gli Okkervil River, senza dubbio anche ascoltando molto gli Elf Power. L'incedere progressivo di "Wander Through" suona fortemente debitore di Arthur Lee - e i Love, insieme ai Big Star, sono forse il modello principale a cui guardare per capire da dove viene la band - mentre "Stranger In The Window" starebbe benissimo in un disco del Robyn Hitchcock meno inquieto. In "Like a Cannonball" ricompare qualche elemento prog, ben contenuto entro gli argini del pop-writing, e, a ben vedere, è proprio in quest'arte del contenere che Rieger sembra dare sempre di più il meglio di sé. "Boots Of Lead" invece è davvero roba alla Big Star, con i suoi mulinelli di chitarra che ti portano lentamente verso un ritornello che non è un ritornello e un assolo che non è un assolo. Senza dubbio tra gli episodi più riusciti. "Spidereggs", che segna il giro di boa del disco, è un divertissement con un po' di elettronica e qualche inciso quasi glam, mentre il vero fantasma che riecheggia in "Ghost Of John" è ancora quello di Hitchcock. Poi, dopo il mid-tempo un po' piatto di "The Concrete And The Walls", ancora uno scintillante sprigionamento di potenza pop con "Goldmine In The Sun". "Tiny Insects" corre via veloce ma gradevole, mentre "Little Black Holes" rappresenta un'altra delle vette dell'album. Vagamente epica, fosca come un pezzo degli Rem di "Fables Of The Reconstruction", ci piace. E c'è qualcosa di piccolo anche nell'ultima canzone, stavolta una mano: "Little Hand" è un gingillo, tutto ricami di flauto e di voce, con cui Rieger e i suoi compari sembrano proprio voler far scorrere i titoli di coda. www.elfpower.com www.facebook.com/elfpower