La prima uscita solista di Eric Copeland (un terzo dei Black Dice) sancisce la rottura dei rapporti – non sappiamo di quali dimensioni o proporzioni, insomma non sappiamo se se le siano date di santa ragione o meno – tra il terzetto di Brooklyn e la DFA. Poco male per noi, temiamo molto male per la cricca Murphy, che perde un altro punto dopo il deludente Prinzhorn Dance School. Eric, dal canto suo, comincia a dispiegare le forze per il nuovo corso dei dadi neri, molto più vicini agli Animal Collective di quanto possiamo anche solo immaginare. Di fatto, quello che posiamo ammirare qui ora e subito è un disco pop. Pop. Pop come potrebbero intenderlo tre fricchettoni, tutto loop rimandi suoni che si accavallano, niente noise vecchio stampo. Ed è la vena freak del collettivo animale che sembra ormai marchiata col fuoco tanto nelle pieghe isteriche di “La Booly Boo”, quanto nel gioco echo di “Green Burrito”, in un possibile contraltare brutale di quel Person Pitch che già ci ha fatto sognare mesi fa. Dimenticate il rumore, dimenticate la follia sregolata, lasciate sempre più lotano i Wolf Eyes, sta venendo il tempo per tutta la scena alt americana di guardarsi in faccia e scoprire il lato più intimo della ricerca musicale. E in un mondo dove Ian Williams si mette a fare pezzi in cassa, dove Kevin Shea lascia intendere svisate pop, dove perfino i Black Dice potrebbero azzardare una anima freak, Eric (e tutti con lui, chi in un modo chi in un altro) sta spostando la propria pedina avanti, verso un'idea di musica che solo fra qualche anno riusciremo davvero a capire ed elaborare. Intanto, ammiriamo un altro tassello di quel quadro grandioso che è il nuovo corso della musica (sempre meno) alternativa americana.