Vidi Owen Pallett per la prima e unica volta aprire uno strepitoso concerto degli Arcade Fire a Milano (recensione), lo scorso anno. Aveva un nome buffo, Final Fantasy, come un videogioco, e sembrava un bambino: un caschetto biondo da pubblicità Kinder, un violino, e qualche pedale; eppure, il ragazzino mostrava un gran talento, ed è da lui che tutta la scena di Montreal va per arrangiare le partiture d'archi. Mandava in loop il suo violino, la voce calma gli si strozzava in urla furiose, costruiva canzoni complesse e senza alcun supporto ritmico. Lo ritrovai così in “Has a good home” pochi mesi dopo e lo incontro di nuovo ora, in un'opera seconda che è un passo in avanti gigantesco. Il talento di Final Fantasy è anche quello di saper dare una sensazione di spazialità al suono; le sue canzoni non sono solo ricche di dinamica musicale, e sanno descrivere “fisicamente” le visioni che evocano: così, quando in “I'm afraid of Japan” la voce si assottiglia lentamente, la sensazione che si ha è quella di vedere il protagonista che si allontana per non voler guardare una scena orribile. Owen Pallet ha finalmente iniziato ad usare tutto il proprio enorme talento anche nei dischi a suo nome: un egoismo di cui non possiamo che essere grati. /www.tomlab.de/ - SUONANO: 04/10/06 - Torino @ Spazio 211 05/10/06 - Roma @ Circolo degli Artisti (con ¡FORWARD RUSSIA!) 06/10/06 - Legnano @ Jaill 07/10/06 - Bologna @ Covo -