Brutti e perdenti i Flamin' Groovies. Guardate una qualunque loro foto, di una qualunque epoca e in qualunque formazione, e beccatene uno che abbia la vaga sembianza della rockstar che del resto non è. Un mezzo Iggy Pop, un quarto di Mick Jagger, un ottavo di Jim Morrison… macché… degli sfigati sin in effigie e nell'intero loro percorso artistico una naturale attitudine a trovarsi nel posto giusto al momento sbagliato, a fare cose fuori luogo. Roba da volergli bene a prescindere, anche non fosse inappuntabile una discografia che forse non vanta capolavori assoluti (i perdenti veri sono impermeabili al capolavoro come alla tragedia) ma non ne tiri via niente, sette album non contando la valanga di pubblicazioni postume e tutti variamente buoni. Puntualmente lo stesso però a finire negli elenchi di classici quando ci si ricorda dei Groovies: “Shake Some Action”, 1976, primo di tre LP per la Sire. Mai nessuno invece che si fili il secondo, “Now”, uscito due anni dopo e registrato negli stessi studi – Rockfield, Monmouth, Galles del Sud – e con il medesimo produttore, Dave Edmunds, uno che sul rock'n'roll l'ha sempre saputa lunga. Quasi un dantesco contrappasso perché “Now” qualcosa vendicchiò e allora che sia dimenticato. Siccome pure fra gli sfigati qualcuno più sfigato degli altri c'è sempre. Solo che lo riascolti e ti accorgi che un'unica cosa ha in meno rispetto allo stimato predecessore, vale a dire una fulminante title-track autografa, e per il resto è la stessa roba, una mediazione perfetta fra gli Scarafaggi pre-“Revolver” e le Pietre Rotolanti pre-“Their Satanic Majesties Request”. Con ad aprire una favolosa versione di una delle più favolose fra le canzoni dei Byrds, Feel A Whole Lot Better.