Provate a rimanere inermi davanti a Glada, apertura affidata a tastiere opache e un baritono che strappa il cuore. Provate a non farvi cullare dai refrain di Born In A War. Niente da fare. È un gioco vinto in partenza da un quartetto – mutato dallo storico trio per l’aggiunta in pianta stabile del batterista Michael Lowry – che ha sempre puntato dritto al suo synthpop caricando nel povero Samuel tutta la tristezza del mondo. E Herring è lì in As Long As You Are a prendersela tutta questa malinconia, scaturita da una relazione finita. È lì più straziante che mai, a tal punto che dalle parti di Uncut si chiedono «quanta altra tristezza può prendersi un uomo di trentasei anni?».La si può cogliere negli occhi dello stesso cantante, che nel video di Thrill ci parla guardando dritto in una camera che indugia sul suo viso. Tra l’altro, è l’unico episodio visuale più “convenzionale” se pensiamo al mondo digitale creato per For Sure o all’aspetto cinematografico di Moonlight, diretto da Will Mayer e interpretato da Callie Hernandez e Matthew Gray Gubler. Anche sul fronte dei testi il discorso è lo stesso: conosciamo bene l’autolesionismo («Do I deserve the sea again?»), la disillusione («It’s all so temporary») e la flebile speranza («I’m waving not drowning») dei Future Islands. E loro non scalfiscono la tradizione. Ascoltarli è come prendere in mano un libro di Keats: sai già quello che leggerai e ti ci immergi con la consapevolezza che quella malinconia è ciò di cui hai profondamente bisogno.