THE FUTURE SOUND OF LONDON Dead Cities (Virgin) "Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente..." - Duro, oscuro, uggioso, senza speranza. Questo è "Dead Cities", una lunga passeggiata nelle suburbia del pianeta che abbandona le positività ed i solari paesaggi di "Lifeforms" per andare a scandagliare miseria, decadenza, lamiere, ruggine e degrado urbano. Hanno cambiato, mutato pelle e visioni i Future Sound Of London, resistendo alle voglie di confezionare un "Lifeforms 2", ovvero un prodotto perfetto e lineare che ne avrebbe doppiato plausi e vendite. Ma ogni capitolo è un'avventura a sè stante (perlomeno è così per i grandi artisti), e "Dead Cities" non si adagia su stilemi già espressi: è l'apoteosi delle impurità, è una danza sfrenata e corrotta ("We Have Explosive", dalle forme Prodigy-ose), è la rivincita delle cellule malate, è la città morente aggrovigliata su gangli d'acciaio, come nelle migliori visioni di Gibson, Sterling o Ballard. E' un album stratosferico, da appoggiare sotto il cuscino, da tenere in tasca, o in auto, da guardare, rimirare, toccare ed ascoltare ad intervalli regolari, è la vostra medicina per la solitudine, è la vostra nostalgia che riaffiora. Non è un album facile "Dead Cities", induce sovente alla tristezza, alle lacrime in più d'un passo e guarda spesso verso un lontano passato che non è più (la title track piena di pruderie Cabs e di accordi da passato prossimo - circa Clock DVA), con due apici che fanno storia a sè: "Max", un delicato fraseggio di pianoforte attraversato da pulsazioni soft noise, confezionato con grazia, cesello e diafano amore, e "Glass", canto da muezzin catapultato su una supernova. Geniali sperimentatori pop (sentite come copulano con free jazz e drum&bass in "Quagmire") e pionieri dei gigs virtuali via ISDN Dougans e Cobain costruiscono mattone su mattone un album che è per indole e morale l'esatto contrario del suo predecessore; una sorta di "Blade Runner" (del quale utilizzano un campione) da dopo bomba. E proprio la scelta dei samplings si rivela essere molto più di un semplice monito: dai singulti dei Run DMC (nella già citata "We Have Explosive") agli Ozric Tentacles, da "C'era Una Volta In America" di Ennio Morricone (nel singolo "My Kingdom" - difficile provare un emozione più intensa di qui al 2000) a Riz Maslen (Neotropic) per un opera d'arte intima e totale. Dalle "Forme Di Vita" alle "Città Morte", il cerchio sembra essersi chiuso; prenotiamo sin d'ora i prossimi passi.