Uno sguardo innocente ma consapevole sul mondo post-pandemico, con il suo solito fare melanconico e veritiero. Così è Un sogno, prima del risveglio; il torpore del dormiveglia. L’apertura del disco è confezionata in modo ottimo, con addirittura l’utilizzo sensuale di una fisarmonica, strumento difficilissimo da inserire in un brano, figurarsi in uno definibile “indie pop”. Dolcevita, invece, ci fa direttamente volare negli anni Ottanta, con i suoi tipici sintetizzatori. Un Galeffi vero, che si mette a nudo, che sembra voglia mostrare quando di buono ha imparato in due anni, soprattutto di studio musicale. Sì, perché Belvedere è il manifesto di uno studio certosino della musica italiana e, a tratti, internazionale riadattato alla voce di Marco. È un turbinio di “già sentito” ma in senso assolutamente buono: sono piccole finestre, piccoli quadretti impressionisti che ritraggono delle canzoni studiate, ragionate e con un significato vero da raccontare. Un altro elemento del “nuovo vecchio Galeffi”: un ragazzo diventato adulto ma pur sempre riconoscibile. Più consapevole, amante delle melodie complesse, piene, cariche di sonorità, slegato sia dal chitarra e voce “povero” di Scudetto, sia dalle “schitarrate” tipiche di Settebello. È un Marco diventato grande, dicevamo, sia dal punto di vista della scrittura che del canto. Non è un caso, ma i testi prendono forma assieme ad una voce mutata in meglio, che raggiunge vette importanti (ascoltare Asteroide per credere).