Se nella vita di un artista spesso si può identificare una continua alternanza di alti e bassi, per il chitarrista Gus G. il momento attuale può essere considerato tranquillamente come appartenente alla prima categoria. Un periodo di ‘vacche grasse’ quindi, per usare un termine strappato all’economia, che ha visto il musicista greco nel 2010 diventare il chitarrista di Sua Maestà Ozzy Osbourne e tornare subito dopo col miglior capitolo dei suoi Firewind, e un esplosivo live album. A questo punto per fare il tris al chitarrista trentaquattrenne non mancava che il ritorno da solista, dopo “Guitar Master” del 2001… lacuna che il Nostro pensa bene di riempire con questo nuovo “I Am The Fire”. Le differenze col già citato lavoro di quattordici anni fa sono notevoli, a partire dall’esperienza accumulata fino ad arrivare al fatto che questo prodotto non si propone come quello quale un lavoro interamente strumentale. Lontano dallo standard solistico alla Vai/Satriani, distante anni luce anche dal neoclassicismo di Malmsteen o dal tecnicismo strumentale stile Petrucci, Gus G. opta per un ben più solido e fruibile album hard & heavy, orientato alla forma canzone più che al solismo, e dalle radici saldamente affondate nel fertile suolo della musica pesante anni ’80. La scelta di allontanare parzialmente i riflettori da se stesso (pur rimanendo la chitarra lo strumento principale in tutti i pezzi) premia lo sforzo di Gus G. di non porsi solo a nuovo ‘guitar hero’; la relativa semplicità e fruibilità dei vari brani premia però la capacità compositiva del Nostro, dipingendo il ritratto di un musicista a proprio agio anche con ritmiche e melodie e non solo con gli assoli. Come accade spesso su prodotti che non accentrano l’attenzione su un unico strumento, Gus decide di circondarsi di vari nomi noti del panorama metal, modellando ogni brano attorno alle caratteristiche di ciascun ospite. Nel disco troviamo perciò una successione di nomi di grandi strumentisti, come Dave Ellefson dei Megadeth, presente con una spintissima linea di basso sullo strumentale “Vengeance” o il più eclettico Billy Sheehan, autore anche lui di una grande prova sulla terremotante “Terrified”; ma troviamo anche una schiera di dotati cantanti quali Tom Englund degli Evergrey (molto coinvolgente sulla ballata “Dreamkeeper”), il ‘solito’ Jeff Scott Soto o l’energico Michael Starr, dai divertentissimi Steel Panther. Immancabile poi una presenza femminile su almeno un brano (“Long Way Down”), motivo per il quale troviamo invitata un’interessante Alexia Rodriguez, dagli hardcorer Eyes Set To Kill. Tra i presenti non citati, vogliamo infine ricordare in particolare l’ottimo Mats Leven (Malmsteen, At Vance), che dona la sua voce tipicamente rock su praticamente su tutti i pezzi che ci sono piaciuti di più, l’opener “My Will be Done”, l’avvolgente ma maligna “Eyes Wide Open” su tutte. I diversi brani mostrano più o meno tutti una propria identità definita, e momenti a vuoto non ne troviamo affatto. In definitiva, possiamo tranquillamente constatare come il momento buono di Gus G. stia continuando, anche grazie a questo lavoro, facilmente classificabile come ‘bello’. Anche se “I Am The Fire” non possiede magari il pezzo veramente eccezionale e non ci regala particolari spunti che siano veramente fuori dall’ordinario; pur senza mandarci KO l’album non manca certo di farsi apprezzare nella sua integrità, il che è già un buon risultato. Promosso.