HACO Giappone A orecchi non iniziati potrebbe risultare facile confonderla con quella di una rinsavita Kate Bush, magari attraversata da oscillanti inflessioni a metà tra Dagmar Krause e Björk: eppure l'orgogliosa e decisa voce di Haco è dotata di caratteri distintivi poco assimilabili alle convenzioni condivise dalla gran parte delle interpreti di pop o di world music. Figura di rilievo nel panorama contemporaneo a prescindere da ogni barriera culturale, la cantante è stata a lungo in primissima fila sulla scena della musica innovatrice giapponese: il suo lavoro con gli indimenticati After Dinner nel corso degli anni ottanta e le successive apparizioni dal vivo come performer solista hanno aperto orizzonti narrativi ed espressivi largamente inconsueti nella forma canzone. Haco ha mantenuto saldi intrecci con i linguaggi e le formulazioni della tradizione musicale nipponica: per il debutto discografico di alcuni anni fa come solista aveva convocato - a fianco di star internazionali delle musiche creative come il compianto Tom Cora, Samm Bennett e Peter Hollinger - alcuni tra i più fini strumentisti connazionali. La cosa si ripete in occasione del nuovissimo album Happiness Proof, cui danno man forte tra gli altri Pierre Bastien, di nuovo Hollinger, Otomo Yoshihide e Tsuyama Atsushi. Dopo l'esperienza Neatopia, alcune estemporanee apparizioni a fianco di Zeena Parkins e le magnifiche prove in seno al funambolico trio Hohaio, i concerti italiani di maggio vedranno la cantante in completa solitudine destreggiarsi con chitarra, campionatori, Theremin, oggetti sonanti e varie percussioni.