Carl Rudiger & Hans Reichel Buben... Plus (FMP Distr. IRD) Concludiamo con un duo di un artista che per molti anni ha privilegiato per sè la dimensione del solo, Hans Reichel: uno dei chitarristi più originali della storia dello strumento, liutaio ed inventore in proprio di stranissime chitarre dal suono veramente inimmaginabile. A ciò si accompagna uno stile musicale altrettando indefinibile, pacato e malinconico, calmo ma anche continuamente mutevole (nulla di più lontano dalla "New Age", dunque). Dalla fine degli '80 Reichel si è cimentato anche con vari gruppi (gli X-Communication con Butch Morris, Schutz, Koch e altri, un proprio quartetto di daxophones, e la "September Band" con Carl, Shelly Hirsch e Paul Lovens), ma all'epoca di questo Lp ('78) aveva appunto inciso solo in solo e in duo con il chitarrista Achim Knispel. Curiosamente comunque per questo duo con Carl (un nome abbastanza ricorrente nel catalogo FMP, in particolare in duo/trio con Irene Schweizer e con la Globe Unity Orchestra) i due decisero di suonare strumenti diversi dai loro abituali: Reichel riprese il suo strumento di gioventù, il violino, mentre Carl (usualmente clarinettista e sassofonista) imbracciò una concertina; per completare la ristampa su Cd, i due musicisti si sono ritrovati per aggiungere una nuova serie di duetti, questa volta per fisarmonica e daxophone (un'altra invenzione di Reichel: in pratica è una lamella di legno, creata in varie forme e spessori, che viene fissata a un treppiede e amplificata da un microfono a contatto, e poi suonata con un archetto da contrabbasso; per chi scrive il suo suono gutturale è orribile, ma ha trovato almeno un seguace in René Lussier, che lo usa frequentemente nei suoi ultimi dischi). Iniziando l'ascolto si rimane piuttosto sconcertati dalla crudezza delle invenzioni sonore (accentuata fino al grottesco nei pezzi col dax). Il "taglio" è brutale, lo stile neo-primitivo, che conserva e utilizza solo brandelli di musiche "normali": un accenno di blues, uno scalcinato valzerino (vengono in mente il "Kaspar Hauser" di Herzog e i film di Achternbush), altri motivi folk da villaggio nella Foresta Nera, parossismi tra la coazione a ripetere ed il minimalismo ("Quiet Land"), un nostalgico motivetto della guerra... Alla fine insomma, pur lasciando a disagio il disco convince, ma per un incontro propedeutico con Hans Reichel sarà meglio procurarsi "Colo Bolo Nights" ('89) e da lì, se mai, cominciare a esplorare il resto.