Direttamente dalla capitale austriaca torna sulle scene dopo due anni dal buon, omonimo full-length d'esordio, pur se ancora privo di una spiccata personalità, un combo artisticamente interessante, almeno al pari del proprio moniker, capitanato dal mastermind Wahntraum (già chitarrista e voce dei Karg) e dal polistrumentista Matthias Sollak, il quale riesce a far animare su pentagramma, dandogli vitali vibrazioni, le visioni oniriche del primo.
Il progetto Harakiri for the Sky si muove su coordinate stilistiche oggi evidentemente inflazionate e "di moda", oscillanti tra black metal, post-metal e post-rock, contaminate da sprazzi ed atmosfere depressive molto abbordabili, le quali coordinate vengono da taluni considerate, non a torto e con spiragli di ragione in effetti, tra le istanze musicali maggiormente responsabili per la morte di ciò che era il black metal degli arbori, prima dello scoppio del terzo millennio; d'altro canto (ed io stesso mi trovo maggiormente in linea con questa seconda "linea di pensiero"), le contaminazioni del black con istanze più mainstream (post-rock, shoegaze, hardcore) che si sono sviluppate negli ultimi dieci/quindici anni, limandone le oltranziste asperità musicali e ideologiche, hanno prodotto lavori molto interessanti, maggiormente stratificati ed introversi rispetto ai precedenti, a favore di una più facile assimilazione artistica ed immersione musicale anagogica, pagando lo scotto, per converso, della perdita di una attitudine e di un messaggio filosofico di pura opposizione che già dopo dieci anni, per altro, avevano perso molto del loro iniziale impatto e novità (potremmo parlare senza remore, così, di una terza ondata black metal).