IDURONI Prima di ascoltare questo promo ero piuttosto scettico sulle potenzialità di questo quintetto di Ascoli Piceno. Personalmente ritengo che il modo in cui una band emergente si presenta sia importante quanto il materiale che propone, anche se non sempre l’attitudine di un gruppo e lo stile musicale che lo contraddistingue costituiscono un binomio inscindibile. Per cui farò finta di non aver mai visto il booklet de Iduroni e di non conoscere affatto il nome di questa band. Il materiale in questione è un’efficace miscela delle migliori produzioni thrash metal d’oltre oceano, con un occhio ai Pantera e uno ai Sepultura, ma giurerei che anche l’influenza dei Carcass più recenti, quelli di Heartwork e Swansong, o degli Entombed di Wolverine Blues (specie per quanto riguarda alcune scelte vocali), ha avuto la sua parte nel concepimento dei brani presentati. Considerando inoltre l’ottima qualità della registrazione, l’attento lavoro di mixaggio e il fatto che su questo demo-cd ci sono ben dieci tracce, potrei quasi affermare che quello che quello che ho ascoltato è un’ottimo disco di debutto. Purtroppo però ho la netta sensazione che questi ragazzi non diano il giusto valore alla loro musica e che in qualche modo sottovalutino le loro notevoli potenzialità, attribuendosi un monicker da avanspettacolo che meglio si adatterebbe ad una compagnia di giovani comici e affibbiando titoli improbabili in lingua italiana a tutte le tracce del loro demo che tra l’altro è cantato interamente in inglese. Qualche esempio? Prendiamo l’ottima opening track, battezzata “Carabinieri in borghetti”, o la terza nominata “Panini in bottiglia”, anche se l’apice lo si raggiunge con il quarto e il sesto brano, rispettivamente intitolati “Orso Yogurt” e “Marilyn Morroidi”. Condivido in pieno la scelta di alcune bands di non prendere la musica troppo seriamente, dando alla propria produzione un tono goliardico, ma qui non stiamo parlando dei Mr Bungle di Mike Patton. Questi Iduroni sono artefici di un sound granitico, monolitico, che secondo me fa a pugni con la scelta quantomeno discutibile di camminare su due binari così diversi e contrastanti, quello della musica estrema e quello dell’ironia. Quasi tutti i brani sono eccellenti, incitano al mosh più sfrenato, “Drammone” ad esempio ha un ottimo groove, mentre “Bonghi di Riace” potrebbe essere addirittura un classico del thrash-core di tutti i tempi. Secondo me questi ragazzi hanno tutte le carte in regola per passare dal sicuro anonimato che la nostra penisola offre alla maggior parte dei gruppi musicali che da anni militano nel circuito underground estremo, ad un meritatissimo successo internazionale. Probabilmente con un nome meno fuorviante e una maggior consapevolezza del proprio talento (e gli agganci giusti, of course) potrebbero riuscire ad attirare l’attenzione delle major più importanti. Ma era proprio necessario includere nei ringraziamenti nomi strampalati come Pasta del Capitone, Ovetti Singer, Quattro Sarti in Padella, Oliva Zanicchi e Cristian De Fica?