"Secondo me i buoni" è il secondo album in studio di Ila Rosso in uscita per INRI questa settimana. Il nuovo lavoro del cantautore torinese segue l'acclamato esordio del 2012 "La bellapresenza" ed è un'osservazione caustica della realtà, che attingendo dal miglior cantautorato italiano attraverso dodici ritratti eleganti e diretti, si chiede chi siano e che senso abbiano, oggi, i buoni. Registrato da Marco "Liba" Libanore e mixato da Gianluca Patrito al Liba Studio di Torino, "Secondo me i buoni" è il secondo album in studio del cantautore Ila Rosso, in uscita per INRI. Un disco che non parla di buoni sentimenti, ma di chi cerca di fare quello che crede sia buono e utile, spesso ricercandone un proprio tornaconto. E' un percorso alla ricerca dei "buoni", un inno che fugge dall'autocompiacimento del bene per svelarne le sfumature più intime e i risvolti più sordidi. Lasciata la caratterizzazione quasi caricaturale dei personaggi de "La bellapresenza" - disco d'esordio del cantautore torinese uscito per INRI nel 2012 - Ila Rosso continua la sua osservazione caustica della realtà, indagando qui con più attenzione l'interiorità di chi la popola. Fin dal titolo, è chiaro l'intento programmatico che accompagna tutta la tracklist: da "secondo me", che sottolinea la nuova e diversa prospettiva di questo secondo lavoro, a "secondo me i buoni", in cui un io narrante osserva il progredire della società e cerca di rispondere alla domanda: "chi sono e che senso hanno, oggi, i buoni?". Si comincia con Canzone dei Murazzi, che rievoca i fasti perduti dei Murazzi del Po, melting pot della vita artistica sotterranea e notturna di Torino - brano questo che è anche il singolo di presentazione del disco accompagnato da un video targato LaBlues - per passare ad una visione disincantata della miseria umana e culturale del nostro tempo in Casi popolari e Cerco l'azzurro, fino ad arrivare alla considerazione di come sia difficile progettare oggi un futuro con il rischio di rimanere per sempre Inconcludenti, circondati da un mondo che ignora o addirittura disprezza la debolezza. Si prende atto dello scorrere sempre uguale del tempo, ma diversificato dal ritmo dei mesi in Filastrocca dei mesi; ci si immerge nelle bettole malfamate per incontrare gli Ultimi ubriaconi che si perdono cercando "in ogni sguardo un approdo" fino a fissare lo sguardo di Dio; si indaga un mondo popolare fatto di cose piccole ma dal valore "eternizzante": gesti, sentimenti e attitudini che si ripetono da tempo immemorabile e che raccontano come da sempre non ci sia mai nulla di davvero nuovo (La storia è sempre quella). Si passa poi all'ideale trittico finale - che sempre caratterizza i lavori di Ila Rosso e che racchiude in sé molti temi del disco - partendo da Galeotto e libertà, amara riflessione sull'impossibilità di un amore corrisposto tra i due protagonisti del titolo. In I Morti si ritrovano la precarietà, lo scorrere del tempo, la lotta dell'uomo contro l'uomo e, infine, l'ironica considerazione che per essere sicuri di trovare i buoni bisogna ricercarli tra i trapassati, pur con la speranza che nell'aldilà "tutto ci sarà chiaro e semplice apparirà rispettare l'adagio ch'è spuma di verità: passato, presente e futuro sono già tutti qua". Il disco si conclude con il Tango dei puri, puro sentimento che cresce fino allo spasimo per accorgersi, forse troppo tardi, che "il fiore è vivo e scappa dalla mano". Vi sono infine due chiose finali: La Canzone Cafona diretta e inevitabile, che si impone per la sua spontaneità e il suo irridere qualsiasi dogma della società borghese - con una chicca del rapper milanese Jacopo D'Amico (in arte Dargen D'Amico) nella coda del brano - e la "bonus track" rap-porto che mette a nudo la crudezza di una cultura che fa della competitività esasperata la sua bandiera, anche e soprattutto nei rapporti. Insomma, un mondo in cui i buoni riescono silenziosamente a sopravvivere, ma in cui rischiano costantemente di essere sopraffatti. www.ilarosso.it www.facebook.com/ilarosso