In Vain - Ænigma Nell'arte, ma anche in diversi altri ambiti, spesso si tende a guardare al risultato finito, senza tenere conto del processo che ha portato alla realizzazione di un'opera, ignorando che il percorso di sintesi e realizzazione di un oggetto può comunicare un'infinità di dettagli utili alla sua comprensione. A grandi linee si possono distinguere due scuole di pensiero nel processo creativo, che trovano riscontro nella tecnica adottata: da un lato un approccio bottom-up, in cui si parte dai costituenti essenziali e si procede creando strutture via via più complesse, metodo che trova specularità nel disegno e nella pittura; dall'altra parte una tendenza diametralmente opposta, che prende il nome di top-down, in cui si parte dal materiale grezzo e si leva progressivamente tutto ciò che è inutile, portando alla luce il risultato finito e spogliato di tutto ciò che costituisce un ostacolo al perfezionamento dell'opera. Non è difficile immaginare che tale filosofia trova applicazione nel campo della scultura. Se si spinge l'analisi al di là delle arti figurative, non è difficile riconoscere che anche in musica si possono ritrovare due analoghi procedimenti compositivi, dai caratteri antitetici. In particolare, pensando a due nomi che spesso vengono citati in coppia, probabilmente più per ragioni di semplice assonanza nel moniker che per reale similitudine delle proposte, è immediato avvicinare al primo gli In Mourning ed al secondo gli In Vain, formazioni entrambe che in questi anni stanno tentando di creare un connubio tra la l'impatto dell'estremo e la ricerca tipica del progressive, differenziandosi sempre più non solo per i sentieri battuti, ma soprattutto per i risultati raggiunti. Ciò che a prima vista può apparire come un'apologia del top-down, in realtà non è che la constatazione di un percorso evolutivo che stanno compiendo i norvegesi, portandoli a mantenere coerenza con il debutto The Latter Rain ma facendo tesoro dell'esperienza e delle sperimentazioni di Mantra, gioiello grezzo ma non scevro da qualche imperfezione del tutto superabile con una fine opera di limatura. Tutto questo, se associato ad una parentela con i Solefald che va al di là dei meri legami di sangue (Lazare e Sindre sono infatti fratelli), del fatto che la line-up dal vivo di quest'ultimi sia supportata da tutta la formazione degli In Vain e della presenza del duo in veste di ospiti, è necessario per poter cominciare ad affrontare un'analisi di Ænigma, terzo lavoro e senza dubbio consacrazione della band guidata da Johnar Haaland. Ænigma è composto di nove tracce, di cui una bonus (Rise Against) disponibile esclusivamente attraverso Spotify per quanto riguarda la distribuzione digitale, di elevata durata media ad eccezione dell'intermezzo Southern Shores, episodio che si avvicina ai passaggi blues/folk contenuti in Mantra, per un minutaggio complessivo che rasenta l'ora. Le peculiarità che emergono al termine di ogni ciclo di ascolto sono diverse: innanzitutto la natura molteplice ed al tempo stesso unitaria dell'intero lavoro, vero punto di forza di questa uscita. Riuscendo infatti a dare un taglio riconoscibile a tutti i brani, obiettivo raggiunto grazie all'apparente immediatezza delle linee melodiche, gli In Vain differenziano ogni capitolo senza mai fallire nel conferire un dettaglio unico alle proprie composizioni. Un secondo particolare è il recupero della dinamicità che era stata in parte tralasciata nel predecessore, esaltata da una sezione ritmica versatile e fortemente ispirata, spinta che riesce a far decollare i brani uno dopo l'altro, evitando il pericolo che il baratro del filler rappresenta per un'uscita dalle pretese così ambiziose. In terzo luogo il potenziamento del lavoro vocale, ampliando la partecipazione al cantato a quasi tutti gli strumentisti (ad eccezione di Stig Reinhardtsen) che contribuiscono con una moltitudine di contributi: scream, growl, clean e cantato sporcato, gestiti con abilità tra alternanze e sovraincisioni, creano uno sciame di linee che s'intrecciano e si richiamano ripetutamente. Il disco si apre con Against The Grain, energico singolo apripista in cui il sestetto mette in mostra tutti gli ingredienti che compariranno in Ænigma: nei suoi sette minuti il brano non attraversa fasi di calo, passando da intrecci nelle vocals a magnifici inserti di archi ed ottoni, sempre seguendo la linea melodica delle sei corde, abilmente plasmate dalla coppia Haaland/Pedersen. Image Of Time include la prima delle partecipazioni ed è particolarmente giocata sulle linee clean: i fratelli Nedland qui duettano in un botta e risposta di malinconia ed epicità. Si intravede, trovando conferma col procedere della tracklist, come la band abbia imparato a gestire il minutaggio in maniera sapiente, senza allungare le composizioni più del necessario ma senza nemmeno rinunciare alla varietà delle strutture che da sempre caratterizza il riffing dei norvegesi. Dopo l'acustica Southern Shores, che funge da spartiacque ed anticipazione per la struggente Hymne Til Havet che vanta uno dei ritornelli più toccanti di tutto l'album. Il climax si raggiunge con la drammatica e marziale Culmination Of The Enigma, che vede ospite nientemeno che Cornelius Jakhelln, in cui le urla, alternate a quelle di K. Wikstøl, riecheggiano ripetutamente tra gli ottoni altisonanti e le rullate. Una sezione acustica anticipa il grido strozzato di un sassofono, prima di recuperare il malinconico tema di apertura. Dopo la tensione la liberazione, dopo la tristezza la furia black di Times Of Yore, tra lo scream al vetriolo di Andreas Frigstad ed i blastbeat serrati di Reinhardtsen. Una breve pausa separa acustica la chiusura strumentale dal resto del brano, anche se i due minuti avrebbero potuto benissimo costituire una traccia a parte. La bonus Rise Against è energica e nel finale recupera gli echi folkloristici di Mantra, includendo un assolo di sassofono di solefaldiana memoria. Si prosegue a piena velocità con To The Core, che racchiude un paio di episodi solisti di tutto rispetto, lasciando ancora spazio ai coinvolgenti passaggi clean di Sindre Nedland. Floating On The Murmuring Tide chiude circolarmente il platter riavvicinandosi allo stile dell'opener, archi compresi; oramai ci si avvicina alla conclusione del viaggio e si potrebbe credere che il fattore sorpresa venga meno, invece il sestetto ha ancora qualche freccia al proprio arco e riassume tutti gli umori del disco nella suite conclusiva, spingendo all'estremo le proprie capacità. Si dice spesso che il terzo disco rappresenti l'occasione di fare un salto per una band ed in questo caso pochi sono i dubbi sull'entità di tale balzo: Ænigma rappresenta un passo importante per gli In Vain, avvicinandoli a vette che pochi in precedenza avevano lambito. La maturazione artistica (influenzata, volente o nolente, dai Solefald, ma loro debitrice solo fino ad un certo punto) di Johnar Haaland e soci è innegabile e rappresenta una graditissima conferma del talento del six-piece. Anche in quest'occasione vince la capacità di scrivere ed arrangiare dei brani facendo rendere al massimo il potenziale di una band, dimostrando che questa è una strada molto più azzeccata della decisione di spingere sul coefficiente tecnico di un singolo strumento, tentando di coprire delle falle compositive di fondo. Non resta che attendere di vedere se la storia vorrà premiare ulteriormente una band che ha dimostrato di aver messo il cuore nella lavorazione di questo disco. Nel frattempo non indugiate a fare vostro Ænigma, non ve ne pentirete. www.invain.it