JOE MANERI Il suonatore di strumenti a fiato Joe Maneri è una grossa socperta. Nato a New York nel 1928, è diventato clarinettista di professione a 15 anni. Ha studiato musica dodecafonica con Josef Schmidt, un allievo di Alban Berg e nel 1965 suonò in un concerto di Gunther Schuller. In completo contrasto con questa attività, si guadagnava da vivere suonando ai matrimoni, lavoro che comportava l' apprendimento di musica greca e araba. Rimase affascinato dai microtoni usati nella musica folk mediterranea e anche dai suoi affascinanti ritmi asimmetrici: nel 1962 incise alcuni brani jazz per la Atlantic in un tempo decisamente ellenico di 9/8! Dal 1970, Maneri e è professore di teoria e composizione al New Englando Conservatory of Music. Questo rifugio dal punto di vista economico può spiegare il suo debutto ritardato come artista jazz internazionale: non ha avuto bisogno di ingraziarsi nessuno in un ambiente jazz sempre più reazionario. La sua musica è atmosferica e potente, la produzione strumentale vocalizzata sganciata da chiavi di ancoraggio. E' collegata alla libertà propugnata dai suonatori jazz della Chicago degli anni '60, ma la stringenza lineare del dodecafonico (più che i silenzi di John Cage) comporta assoli ragionati. Il suo quartetto comprende il batterista Randy Peterson, il bassista John Lockwood e suo figlio Mat Maneri al violino. Le note sgranate e un po' soul di Maneri Junior si allacciano ai multisuoni di Maneri Senior in modo unico, cominciando da figure limitate e mosse, costruiscono aspri puzzle che a loro modo hanno qualcosa della stupefacente intelligenza costruttiva di Thelonious Monk. "Body and Soul" di Maneri sull' album "Get Ready to Receive Yourself" ha avuto il plauso della critica. L' approccio modesto del Maneri Quartet sconfina con la reticenza: invita l' orecchio a seguire le spirali del pensiero musicale, con l' abilità del musicista messa sotto una lente di ingrandimento. Prima dell' attuale ondata neo-conservatrice, il jazz è sempre stato una vigorosa e integrale congiuntura di "world music": la combinazione di Joe Maneri tra Atene, Cairo, Vienna e Birdland ristabilisce la centralità di quella dialettica jazz.