Più che un disco, una sommatoria di piccoli quadretti voce-chitarra elettrica e “interferenze bucoliche”, queste ultime talmente importanti nell’ottica generale del progetto da meritarsi una citazione certosina (ognuna) nei crediti. Importanti come lo è una copertina che in qualche modo richiama quella “sfera domestica” che Josephine Foster ha scelto come titolo di questa raccolta di undici inediti, seppur con un tono piuttosto decadente.
Poco altro da aggiungere oltre a questo per caratterizzare per sommi capi un disco co-prodotto da un Daniel Blumberg che nelle vesti di “indirizzatore di suoni” smette in parte i panni dello sperimentatore e si lascia trasportare dalla voce angelica di Foster, registrando e mixando un album essenziale incentrato su vocalizzi poetici e suoni concreti della natura, più che su semplici testi e musiche. Tutto è estremamente rilassato, lento, quasi si trattasse di undici ninnananne, quando invece titoli come Birthday Song For The Dead, Burnt Offering, Haunted House, Reminiscence o Sanctuary e testi tutt’altro che rassicuranti, parlano di un album nato da ben altri presupposti.